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Rubrica di Emanuela Medi
 

Tra fumetti, cinema e letteratura: l’eroe e la bistecca

Ho trovato interessante l’articolo di Ciro Di Fiore, apparso di recente su questo sito, a proposito delle abitudini alimentari di Tex Willer. Tex è appassionato di un menu fisso, composto di «bistecca alta tre dita, patatine fritte e torta di mele): un’alimentazione sovrabbondante aveva un evidente ruolo compensatorio per chi usciva dalle privazioni del conflitto mondiale. (Tex appare per la prima volta nel 1948).

Si vede, nei gusti di Tex, anche qualcosa di prettamente americano, non tanto in riferimento al vecchio West, quanto ad anni più vicini alla creazione del fumetto, come suggeriscono le patatine e l’apple pie (il protagonista di Sulla strada di Kerouac, del 1951, sostiene che nel suo viaggio da un capo all’altro del paese non mangiò altro che torta di mele con gelato, che considerava «nutritious» e «delicious»). Fino alla fine degli anni ’70, in effetti, la bistecca visse in America il suo periodo d’oro, per essere poi screditata da nuove ricerche e opinioni , fino ad arrivare, più di recente, a una vera e propria demonizzazione. I motivi di questa parabola, naturalmente, non vanno ricercati in meri indirizzi medici, ma piuttosto in un fenomeno di costume le cui radici possiamo comprendere, almeno in parte, anche attraverso personaggi come Tex.

Nella questione, infatti, c’è un aspetto che non può essere trascurato. Come dice Di Fiore, Tex «odia il pesce, che considera un cibo poco gustoso e poco virile». Nella fattispecie, attraverso la scelta della carne e la manifestazione di un robusto appetito Tex intende riaffermare la propria virilità. Ma quanto sono radicate nella nostra cultura la virilità della carne e l’effeminatezza del pesce?

In effetti bistecca e maschio sono un connubio indissolubile e duraturo. Lo osserviamo in numerosissime occorrenze, in special modo americane, in cui sono gli eroi maschili a consumare questo piatto: dalla bistecca di brontosauro di Fred Flintstone, pietanza di dimensioni iperboliche riservata al capofamiglia (e va ricordato che anche i Flintstones sono una serie prodotta nel dopoguerra), alla bistecca grondante sangue (bloodyashell nell’originale) che Vincent Vega ordina in Pulp Fiction (film del 1994, ma avrà forse qualche significato il fatto che la cena si svolga nel Jack Rabbit Slim’s, locale ispirato agli anni ’50/’60?).

Tralasciando le innegabili suggestioni erotiche del sangue nel caso di Pulp Fiction (anche Mia Wallace, nella stessa scena, ordina carne al sangue, anche se nella meno virile forma dell’hamburger), non si può non notare come la bistecca acquisisca certi valori proprio nel richiamare il sacrificio cruento e la caccia: attività, quest’ultima, prettamente maschile, e ancor più significativa  nel mito della preistoria— epoca alla quale, peraltro, si attribuisce l’invenzione della cottura della carne, ritenuta da molti un’innovazione all’origine di un vero e proprio salto in avanti nel progresso dell’umanità.

Possiamo cercare prova di certi valori archetipici del cibo nei poemi omerici. È noto che gli eroi omerici si nutrono sostanzialmente di carne arrostita, componente fondamentale di quella che è chiamata, negli studi, «dieta eroica»: già gli esegeti antichi (Platone, Ateneo etc.) notavano che gli eroi di Omero non mangiano altro, e che essi evitano sia il pesce, nonostante siano accampati vicino al mare, che il bollito. Sacrifici,banchetti, e arrosti a base di carne sono frequentissimi nei due poemi.Il pesce, invece, è disprezzato e viene consumato solo in situazioni eccezionali, come alimento di ripiego e d’emergenza. Succede due volte nell’Odissea (IV, 363-9 e XII, 329-32): quando le ciurme di Menelao e di Ulisse si mettono a pescare, come si specifica, è solo perché sono bloccate su un’isola e tormentate dai morsi della fame. Si sa, del resto, quanto possano essere eccezionali gli alimenti consumati nei naufragi e come, in questi casi, il cibo diventi occasione di rappresentare i limiti estremi della degradazione umana.

Non possiamo trattare queste preferenze come testimonianza delle abitudini alimentari antiche: i Micenei e i Greci dell’età di Omero mangiavano sicuramente sia carne che pesce, così come è certo che gli abitanti del West non si nutrivano solo di bistecche, patatine e torte di mele (e neanche solo di fagioli). Dobbiamo vederci, invece, qualcosa che contribuisce a caratterizzare un certo tipo di personaggio.

Diviene evidente, allora, come gusti carnivori e attitudine alla caccia debbano essere considerati tratti coerenti e connaturati : la caccia è una vera e propria prova di virilità, combattività e sodalizio maschile, basti pensare all’uccisione del cinghiale calidonio da parte dell’eroe Meleagro, paragonato ad Achille nel libro IX dell’Iliade; addirittura la razzia del bestiame nemico (cosa che invece Tex troverebbe discutibile) è considerata un’impresa eroica nell’epica e nel mito greco.

Aspetti come forza e coraggio possono essere esercitati scarsamente, invece, nella poco rischiosa pesca,che per questo è considerata antieroica e degradante: solo la letteratura di epoca moderna, da Melville ad Hemingway (celebratore e narratore sia di caccia che di pesca) redimerà il mare  .Tuttavia, di fronte all’immagine relativamente pacifica (pur con importanti eccezioni) della pesca, in molti casi rappresentata come attività ordinaria e di sussistenza, la caccia conserverà sempre il carattere dell’iniziativa, dell’attività e dell’eccezionalità, rimanendo il luogo per eccellenza del confronto virile, dai tratti spesso animaleschi e violenti: si pensi a film come Cane di paglia di Sam Peckinpah del 1971 o La caza di Carlos Saura del 1966, fino al più recente Il sospetto di Thomas Vinterberg, del 2012, film che parla di tutt’altro argomento, ma che termina molto significativamente con una battuta di caccia; per non parlare, poi, del cinema del West, mondo da homo homini lupus in cui non si disdegna la caccia all’uomo, fino ad arrivare all’estremo di un bounty killer antropofago in Dead Man di Jim Jarmusch, del 1990.

Uccidere è primeggiare, nutrirsi della preda significa acquisire la sua forza: concetti arcaici, questi, che oggi si possono nascondere sotto il mito delle proteine e dietro il rito dello sport (e allora come non citare Rocky Balboa e il suo allenamento pugilistico coi quarti di bue?).

In epoca di decostruzione del mito del maschio è comprensibile che anche la dieta di Tex sia in decadenza: come nota Di Fiore, oggi rischierebbe di essere considerata addirittura poco politically correct. Personaggi di sensibilità più recente, di temperamento più instabile e incerto rispetto a uomini tutti d’un pezzo come Tex, ci sembrerebbero un poco a disagio con un quarto di bue sul tavolo o un fucile da caccia in mano. E infatti non sorprende che il più giovane Dylan Dog, per quanto ancora canonicamente di bell’aspetto e indubbiamente eroico, sia animalista e vegetariano.

Pietro Verzina, dottore di ricerca in Letteratura greca

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