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Rubrica di Emanuela Medi
 

Tutte le degustazioni di Irpinia Aglianico

Antonio Caggiano – Tauri 2018. Potevamo mettere in evidenza il Salae Domini, ovvero il Campi Taurasini da singola vigna di questo produttore iconico, ma ci è sembrato ancor più compiuto questo fratellino minore che, utilizzando un tecnicismo aulico, potremmo definire come “vino da bere a secchiate”. L’olfatto soavissimo evoca ricordi di china, cola, rosa selvatica, mirtilli rossi e melagrana; il sapore offre tutto quello che si può desiderare da un Aglianico “giovane”: tannini leggiadri, acidità salivante, ritorni di pepe, fiori freschi e visciola croccante. È un caposaldo della categoria 1. 90

Cantina dei Monaci – Santa Lucia 2017. Profondo di sottobosco, tabacco Kentucky, boero. Caldo e possente al palato: sfodera tannini rigorosi, austeri a supporto della ricca componente fruttata. Chiude leggermente astringente. 88

Cantine di Marzo – Irpinia Aglianico 2017. Scuro, fumoso. Ha bisogno d’aria per distendersi e concedere aromi più affabili di erbe officinali e piccoli frutti neri. Più immediato è il palato succoso, carnoso di visciola e scandito da tannini leggermente scorbutici. Da aspettare. 86+

Claudio Quarta – Irpinia Aglianico 2018. Profumi classici di ruggine, ribes nero, erbe aromatiche e una traccia affumicata. Buona reattività al palato, alcol integrato, equilibrio tra frutto e tannino scalpitante e un finale coerente su toni di amarena e grafite. Molto vicino ai migliori otto.  88

Contrada – Irpinia Aglianico 2016. Come il Pinot Nero a Meursault e Chassagne Montrachet, l’Aglianico a Candida – comune che rientra nella DOCG del Fiano – è una goccia rossa in un mare di bianchi, ma può dare risultati molto interessanti. E proprio alla maniera di un Pinot Nero, l’Aglianico di Contrada, azienda candidese di cui amiamo i Fiano di Avellino, esordisce con note riduttive, vagamente sulfuree, salvo poi distendersi e lasciare spazio a toni insoliti di acciughe sotto sale, pomodorino infornato, ribes nero ed erbe aromatiche. Il sorso è vispo, reattivo, snello e intensamente salino. Non sapendo da dove proviene, lo si potrebbe perfino scambiare per un vino marittimo. 89

Crypta Castagnara – Cretazzo 2015. L’abbiamo assaggiato e riassaggiato per essere sicuri di non aver preso un abbaglio. Le impressioni annotate non corrispondevano, infatti, al profilo di un vino che, sul sito dell’azienda, costa solo 7,50 euro. Se non altro, non ci viene in mente nessuna etichetta altrettanto abbordabile che riesca a regalare un bouquet potente, maturo, ma non stancante di tabacco, fungo porcino, maraschino, e un sorso goloso, disteso, morbido di frutta rossa in confettura e allo stesso tempo grintoso, salivante. È uno dei pochissimi esemplari in circolazione di Rosso “invecchiato” per tutte le tasche. 89

D’ Antiche Terre – La Corte dei Ciccarella 2015. Spezie piccanti, lampi di frutti rossi e una netta nota affumicata. Sorso leggermente asciugante: acidità in prima linea, tannini polverosi e un finale di media persistenza su toni chinati. 85

De Lisio – Vincarl 2014.  Sempre da Montemarano proviene questa interpretazione magistrale di un’annata complicata. Come da aspettative per un vino che ha trascorso sei anni tra botte e bottiglia, i profumi sono profondi, evoluti: evocano ricordi di prugna, visciola sotto spirito, legni stagionati e cioccolato. Del sorso stupiscono la vivacità, il dinamismo, l’integrità della spinta acido-sapida che smorza le sensazioni mature, terziarie e sfuma in un finale al sapore di tarocco siciliano. In teoria rientrerebbe della categoria 3, ma fa un po’ storia a sé. 91

De Lisio – Irpinia Aglianico Pallù 2013. Maturo di kirsch, tartufo nero, caffè ed ebanisteria; offre una progressione dinamica, oscillante tra ritorni salati e note terziarie. Chiude fresco, pepato, per nulla stanco. È più sottile, ma non meno energico del Vincarl. 88

Donnachiara – Irpinia Aglianico 2017. Speziatissimo di pepe nero, chiodo di garofano, noce moscata; lascia emergere in seconda battuta una traccia balsamica derivante dal legno e note fruttate dolci. In bocca è morbido, disteso: i tannini sono ben integrati e i ritorni di frutto maturo avvolgono il palato. Molto ricco, di stile decisamente internazionale, non rientra esattamente nelle nostre corde. 87

Filadoro – Irpinia Aglianico 2015. Estroverso, scapestrato. Esordisce con una sfumatura animale – Un po’ di Brett?! – che cede il passo a toni orientaleggianti di curcuma ed erbe disidratate. La spinta sapida snellisce lo sviluppo e un guizzo di acidità volatile lo dinamizza. Astenersi perfezionisti. 85

Il Cortiglio – Irpinia Aglianico 2016. Note austere ma intriganti di pepe nero, erbe aromatiche e more di rovo. Sorso snello, fragrante, scalpitante, più salino che tannico e vispo nella chiosa chinata. Semplice e coerente. 86

Orneta – Aglianico 2018. Conquista il primo posto nella batteria questo Aglianico suadente, goloso, prodotto con tecniche non invasive, che rappresenta l’archetipo della categoria 2. Il profumo è soave di mirtilli, visciole, viole appassite, olive nere, sottobosco e liquirizia. La progressione gustativa è potente, avvolgente, ma ben calibrata da tannini solidi, energici, che fanno da contrafforte a rimandi fruttati d’ estrema piacevolezza. Proviene dai vigneti di proprietà a Paternopoli e Montefalcione, comuni “Grand Cru” dell’Irpinia, e, insieme al Taurì di Caggiano, dimostra la stoffa del millesimo 2018, che ci sembra sia stato particolarmente propizio per i Rossi di pronta beva. 92

Nardone-Nardone – Vigna Palatelle 2017. Sensazioni calde di frutta secca, more sotto spirito, sottobosco e legno affumicato. Sorso morbido, ricco di frutto maturo che ingloba il tannino grintoso e sfuma in un finale caldo e di discreta persistenza. Molto vicino ai migliori otto. 88

Salvatore Molettieri – Cinque Querce 2016. Disserra sottili, ritrosi di frutti neri aciduli, fiori blu e sottobosco il vino “base” del sedicente “gigante dell’Aglianico” di Montemarano. Cerebrale è il sorso, che abbina ritorni fruttati a una massa tannica debordante. È un vino austero, che chiede pazienza e potrà dare grandi soddisfazioni a distanza di parecchi anni dal rilascio. 89+

Tenuta Vitagliano – Martis 2017. Proviene da vigne situate al confine tra le province di Avellino e Benevento, questa selezione graziosa, piacevole, disimpegnata, ma molto intrigante. Si parla spesso di coerenza naso-bocca nelle scuole di sommellerie. Ebbene, qui non ce n’è, ma non ci sembra un gran problema. I profumi sono dolcissimi e aggraziati: macedonia di fragole, confettura di lamponi, rosolio alla cannella. Il sorso, invece, è più snello, nerboruto, pepato di quanto preannunciato. Il frutto dolce riappare sul fondo, ma la spinta acida prende il sopravvento e prolunga il finale dinamico, equilibrato. Convoglia il calore dell’annata in un profilo soave ed ammiccante. 88

Campi Taurasini

Antonio Caggiano – Salae Domini 2017. Una vena affumicata incornicia profumi freschi e golosi di visciola, viola, melagrana e bacca di sambuco. Il sorso abbina fragranze fruttate a una trama tannica in fase di assestamento. Ripagherà i pazienti. 89+

Bellaria – Irpinia Campi Taurasini 2012. Un Campi Taurasini profondo, lungamente invecchiato in botti di rovere, che offre un tocco di frutto in più e qualche nota terziaria in meno rispetto a un Taurasi, e che, nel giro di qualche minuto, comincia a profondere sensazioni erboristiche – quasi da Vermouth – di gran fascino. Il palato è largo, caldo di frutto maturo, ma equilibrato, reattivo, sostenuto da tannini levigati che accompagnano un finale balsamico e salino. Ha la complessità della categoria 3 e la fragranza di frutto della categoria 2. 91

Colli di Castelfranci – Vadantico 2015. Pepe rosa, erbe officinali e fragoline a comporre un profilo originale. Il sorso è snello, disinvolto: il tannino è vellutato, l’acidità rinfrescante, i ritorni fruttati arrotondano la chiusura di buona persistenza. Singolare. 88

Il Cortiglio – Campi Taurasini 2015. Profumi austeri di more di rovo, fiori di sambuco, ruggine e pellame. Sorso snello, cadenzato da tannini leggermente astringenti che allentano la presa nel finale affumicato. 87

La Molara – Vigna Claudia 2016. Mirtilli rossi, fiori appassiti, qualche traccia vegetale e una netta nota fumé. Sviluppo goloso, succulento di frutto maturo e sostenuto da tannini leggermente polverosi. Finale su toni di erbe officinali. 88

Le Otto Terre – Campi Taurasini 2017. Aromi di fruttini neri, viole appassite e una leggera sfumatura di carbone fossile. Sorso coerente, fruttato all’ingresso e più magro nello sviluppo supportato da tannini grintosi che sfumano nel finale chinato. 86

Valeria Zaccaria – Rossosaraceno 2014. Toni maturi di cuoio, tappezzeria antica e legno arso. Sorso più vivo e dinamico del previsto, ma leggermente arcigno nella chiosa asciugata dal tannino irruente. 83

Raffaele Mosca,

Master Sommelier

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