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Rubrica di Emanuela Medi
 

Una mummia commestibile? Il bacalà

Bianco, pieno di mistero e soprattutto secolare. Questo è il bacalà, un pesce che negli anni non ha mai perso interesse ed è presente sulle tavole italiane.

Dalla Lombardia alla Sicilia ogni territorio ha codificato i suoi piatti associando questo pesce a ingredienti locali. Con il pomodoro, in agrodolce, al cartoccio, al sugo di noci, al verde, alla cappuccina, alla ghiotta, all’agliata. Accostato a peperoni, grana padano, pangrattato, panna liquida e acciughe; oppure a cipolle e olive,  a capperi o a castagne. Con funghi, con olive.  Insomma tanti abbinamenti e numerose discussioni.

Il più famoso bacalà è quello “alla vicentina” perchè si può parlare e discutere sulle sue origini, sulla sua popolarità, esclusività, accostamento di vini e risultanze gastronomiche ma sul fatto che il “vero ed unico bacalà più noto sia quello veneto” è dogma indiscusso.I veneziani so che apprezzeranno lo stesso e…non me ne vogliano i livornesi.  I vicentini infatti hanno saputo valorizzare questo alimento e da pesce legnoso e stopposo come lo stoccafisso, battuto, bagnato, cotto, aggiustato con infinita pazienza, sono riusciti a realizzare un piatto stupendo. La ricetta classica del bacalà alla vicentina è certamente una e unica ma nella fantasia che l’arte della gastronomia sviluppa, le varianti sono moltissime.

C’è chi lega i tranci di sviluppo a rotoli, chi nega l’abbondanza dell’acciuga e della cipolla ottenendo un piatto più delicato ma meno saporito, chi abbonda nel latte schiarendo l’aspetto del piatto, chi l’aglio lo trita e chi lo estrae intero a mezza cottura, chi ritiene indispensabile quattro o anche cinque ore di lenta cottura, chi tre soltanto, chi i tranci di merluzzo li passa nella farina e chi no. Su di un punto sono tutti d’accordo: l’olio di cottura deve essere della migliore qualità, abbondante, ed il bacalà non deve mai essere rimescolato. Solo così queste variazioni al tema del bacalà alla vicentina daranno risultati stupendi.

Come per gli ingredienti sorgono anche bonarie discussioni sul difficile tema dell’accostamento del piatto ai vini, accostamento estremamente soggettivo e mutevole. L’accoppiata vincente è con  il Tai Rosso, il Torcolato e il Vespaiolo, ma se si vuole azzardare oggi è possibile farlo degustando una birra, bionda o ambrata  appositamente creata per l’abbinamento ai piatti a base di stoccafisso, provenienti dal Veneto.

Stefania Bortolotti, giornalista

 


Ingredienti per la ricetta

Kg 1 di stoccafisso secco – gr. 250/300 di cipolle

1/2 litro di olio d’oliva extravergine

3 sarde sotto sale

½ litro di latte fresco – poca farina bianca

50 g. di formaggio grana grattugiato

un ciuffo di prezzemolo tritato, sale e pepe

Ammollare lo stoccafisso, già ben battuto, in acqua fredda, cambiandola ogni 4 ore, per 2-3 giorni.
Aprire il pesce per lungo, togliere la lisca e tutte le spine. Tagliarlo a pezzi.
Affettare finemente le cipolle; rosolarle in un tegamino con un bicchiere d’olio, aggiungere le sarde sotto sale, e tagliate a pezzetti; per ultimo, a fuoco spento, unire il prezzemolo tritato.
Infarinare i vari pezzi di stoccafisso, irrorati con il soffritto preparato, poi disporli uno accanto all’altro, in un tegame di cotto o alluminio oppure in una pirofila (sul cui fondo si sara’ versata, prima, qualche cucchiaiata di soffritto); ricoprire il pesce con il resto del soffritto, aggiungendo anche il latte, il grana grattugiato, il sale, il pepe.
Unire l’olio fino a ricoprire tutti i pezzi, livellandoli.
Cuocere a fuoco molto dolce per circa 4 ore e mezzo, muovendo ogni tanto il recipiente in senso rotatorio, senza mai mescolare.
Questa fase di cottura, in termine “vicentino” si chiama “pipare”.

Solamente l’esperienza saprà definire l’esatta cottura dello stoccafisso che, da esemplare ad esemplare, può differire di consistenza.

Il bacalà alla vicentina è ottimo anche dopo un riposo di 12/24 ore. Servire con polenta.

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