a

I Tag di Vinosano
Rubrica di Emanuela Medi
 

Verdicchio dei Castelli di Jesi: longevo per natura

Grande organizzatore  del convegno  “Collisioni a Jesi ”  per celebrare  i 50 anni della DOC Castelli di Jesi, Jan D’Agata  con il suo progetto Indigena,ha conquistato per  simpatia e competenza tutti: produttori, giornalisti, buyers, sommelier (la maggior parte internazionali), esperti molti dei quali intervenuti al convegno di apertura ”Bianco come i vino” La sua palpabile visibilità (non passa inosservato!) ha un grande alleato nella semplicità della parola, nella vivacità di pensiero e nella profonda inattaccabile professionalità.

 

 

Vitigni autoctoni. Perché credi molto nel Verdicchio?

“Quando ho iniziato ad occuparmi di vino bevevo tutto soprattutto all’estero dove ho avuto la fortuna  di vivere e dove c’era una grande facilità di conoscere vini di molti paesi  e anche molto buoni . Quindi ho potuto formarmi  una esperienza internazionale.  Questo, mi ha dato la possibilità di rendermi conto più che se mi fossi formato in Italia dove il 99% del mercato è costituito da vini italiani,  che molti dei  vini esteri si rassomigliavano sia bevendo i grandi  vini californiani o francesi  che australiani, i quali, tutti, pur con le dovute differenze e sfumature erano abbastanza simili. Ogni volta invece che bevevo vini italiani del Piemonte, della Sicilia, del Friuli, della Sardegna mi rendevo conto che non solo erano diversissimi tra loro ma anche molto diversi da tutti gli altri vini nel mondo e allora da li  è nata la mia passione per gli autoctoni su cui mi sono concentrato in particolare  su alcuni vini bianchi. In Italia  non ci vuole molto a capire che alcuni vitigni bianchi sono di altissima qualità. Il Verdicchio è sicuramente un vitigno versatile e duttile che può dare vini di valore mondiale capace di esprimere vini freschi e beverini e vini molto longevi elemento  che da sempre è una delle caratteristiche principali dei grandi vini bianchi del mondo come gli Chardonnay della Borgogna , i vini  Alsaziani o i Sauvignon della Loira”

Un vino rivalutato  che lo deve essere molto di più. Attraverso quali strategie?

Voglio essere positivo nel senso che il Verdicchio non va necessariamente rivalutato è già oggi un vitigno grandissimo che fa dei vini buonissimi:   la fortuna delle Marche è che ha dei vini di ottima caratura a tutti i livelli nel senso che anche i vini Verdicchio che costano poco sono vini piuttosto buoni e questo non è altrettanto vero  di  atri vini italiani  di basso prezzo. Quindi il Verdicchio di per se è un vitigno che da vini ottimi: quello che dobbiamo rivalutare è il prezzo base, vale a dire fare un grande vino da uve  Verdicchio e rivenderlo magari a due 2 euro .50  è una tragedia perché non è quello il prezzo da cui deve partire  questo vitigno. Una bottiglia di Verdicchio non dovrebbe mai costare meno di 5-6 euro perché la qualità del vino è tale che può confrontarsi con i migliori vini bianchi del Friuli, del Veneto e di tutto il mondo. Quindi noi dobbiamo essere bravi, tutti quanti, a mettere in atto delle strategie di crescita e di sviluppo per far si che il prezzo medio  delle cooperative , delle famiglie ottengano che i loro vini Verdicchio partano da un costo molto più alto per cui c’è benessere per tutti soprattutto per i produttori che possono reinvestire in tecnologia e qualità : prima ci riusciamo e meglio è per tutti.”

Si sta effettuando uno studio sulla zonazione?

“Molti si spaventano alla parola zonazione, in realtà quello che dobbiamo fare è creare un’impronta territoriale che faccia riconoscere le varie denominazioni che rispecchiano fedelmente le diverse realtà territoriali. Faccio l’esempio del Verdicchio di Matelica e quello dei Castelli di Jesi, la prima chiusa al mare con pareti  ripide e l’altra rivolta all’Adriatico caratterizzata da colline dolci e non troppo alte. Denominazioni già ben costruite sicuramente molto grandi che vanno meglio definite a livello comunale e anche geologico

Lavoro e promozione, le Marche  sono un esempio?

Le Marche stanno veramente facendo un buon lavoro, e molti non lo riconoscono. Purtroppo l’Italia sconta anche una cultura cattolica fortemente  colpevolista: siamo molto bravi a lamentarci e ad autodenigrarci  invece questo è un paese  magnifico  con  gente che lavora sodo e  che vuole fare il meglio:  però è anche vero che ci sono alcune realtà che lavorano meglio delle altre e a cui dovrebbe essere dato merito. Alle Marche  e all’Istituto Tutela vini va riconosciuto questo grande lavoro di promozione e tutela dei prodotti agricoli e del vino perché aiutano, spingono i produttori di vino a crescere , a migliorare i loro prodotti e ad avere successo. Non è così dappertutto:s olo giusto riconoscerlo. Quindi io sono il primo a dire  BRAVI!   perché se c’è un squadra si va aventi e le Marche sono un ottimo esempio di quello che può fare un’unione.

Emanuela Medi, giornalista

Tag degli articoli
Condividi sui social network