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Rubrica di Emanuela Medi
 

#Viaggionelvino: L’Alto Piemonte tra roccia, sabbia e fuoco

Pubblichiamo un articolo inedito su Taste Alto Piemonte Roma, rassegna alla quale abbiamo preso parte nel mese di febbraio dell’anno scorso. 

Silvia Barbaglia, giovane vignaiola delle colline Novaresi, mostra ai partecipanti di Taste Alto Piemonte a Roma una foto della sua Boca negli anni 30′. A quel tempo, oltre 1.000 ettari vitati circondavano il santuario che si erge su questo piccolo borgo della Val Sesia, regalando un colpo d’occhio simile a quello delle Langhe.

Di quella fitta distesa di ceppi e filari, immagine della prosperità perduta di una delle prime denominazioni d’Italia, rimane oggi solo il ricordo sfocato. Al momento, poco più di trenta ettari insistono ancora sul territorio della DOC Boca, che, ridotta ad un’ennesima frazione di ciò che era un tempo, cerca il riscatto nell’elevata qualità delle sue micro-produzioni. A dire il vero, la superficie è aumentata significativamente da quando, circa due decenni fa, era stata rasentata la soglia desolante dei dieci ettari, sotto la quale riconoscimento statale sarebbe venuto meno.

Salvifico è stato l’intervento di Christoph Kunzli, illuminato importatore svizzero che, con la sua opera divulgativa e commerciale, ha risollevato le sorti della denominazione. Sul finire degli anni 90′, Kunzli acquistava la storica azienda Le Piane e sfruttava il suo accesso preferenziale al mercato per promuoverne i prodotti in Italia e all’estero. Dal suo coraggioso esempio ha tratto ispirazione un affiatato gruppo di giovani che, non trovando impiego nello stagnante comparto industriale, hanno deciso di riprendere in mano i terreni che le generazioni precedenti avevano abbandonato. 

La situazione non è stata affatto diversa negli altri comuni dell’Alto Piemonte. In areali più fortunati come quelli di Bramaterra, Gattinara e Lessona la sopravvivenza del settore vitivinicolo è stata resa possibile da aziende storiche come Proprietà Sperino, Tenuta Sella e Travaglini, che negli anni hanno tenuto duro anche a fronte della decadenza del settore agricolo e dell’avanzata dell’industria tessile. Ad ogni modo, la rinascita di questi comprensori è anch’essa storia recente: solo nell’ultimo decennio gli “enfants prodige” della viticoltura locale hanno finalmente innescato l’agognata rivoluzione qualitativa, puntando da subito sull’esaltazione delle molteplici sfumature offerte dai loro singolarissimi terroir per fare breccia nel cuore degli appassionati. Prova tangibile della crescita reputazionale da loro conseguita è stata l’acquisizione, ultimata nel 2018, della storica azienda Nervi di Gattinara da parte di Roberto Conterno, illustrissimo produttore di Barolo, che da tempo seguiva gli sviluppi di queste denominazioni. 

Il territorio

Non c’è zona d’Italia più interessante da un punto di vista geologico di quella che dalla pianura novarese risale fino al Monte Rosa. Qui, nella valle costeggiata dal fiume Sesia, l’incontro tra la placca africana e quella europea ha causato il capovolgimento di un antico vulcano. Di conseguenza, tutti i terreni che altrove sono seppelliti nel cuore della terra si trovano direttamente in superficie. In un raggio di circa novanta chilometri s’incontrano decine di suoli differenti: a partire da sabbie piroclastiche e friabili strati di ossidi di ferro, per arrivare a zoccoli calcarei e compattissimi porfidi. Ne risulta una stupefacente variabilità nel profilo del vini, che talvolta sono molto soavi, altre volte ben più austeri.

Su queste terre dure, acide e povere di sostanza organica si è acclimatato il Nebbiolo, localmente denominato “Spanna”, che, grazie allo scarso vigore imposto dal suolo e al clima irrigidito dai venti alpini, dona vini snelli, fragranti, giocati in punta di tacco sul filo dell’acidità, prerogativa essenziale per la buona riuscita nel lungo termine. Percentuale minoritarie delle autoctone Vespolina, Croatina ed Uva Rara lo affiancano nell’uvaggio classico – tutt’oggi imposto dalle DOC Boca e Bramaterra e prediletto dai tradizionalisti degli altri territori – conferendo ai vini immediatezza e carnosità, senza, però, comprometterne l’innata souplesse.

Degustazione:

Castellengo – Coste della Sesia “Centovigne” 2012

Roccioso, grintoso, essenziale ma non spoglio. Coniuga l’impronta terrosa del Nebbiolo con i guizzi speziati della Vespolina. Al gusto è vispo e incalzante: offre tannini pimpanti, acidità corroborante e una saporita spinta salina. Non concede molto sul lato delle morbidezze, ma si distingue per nitore e loquacità. 87/100

Colombera & Garella – Lessona 2015

Fitto, austero, profondo. Rilascia aromi di more di rovo, spezie fini, erbe aromatiche e carbon fossile. In bocca entra caldo ed avvolgente, salvo poi svelare un corpo longilineo e classiche doti di freschezza e pietrosa mineralità. Tannini dolcissimi carezzano la chiosa balsamica e ferruginosa. 91/100

Roccia Rossa – Bramaterra 2012.

 Aromi soavi di ciliegia sotto spirito, rosa appassita, cipria e cannella svelano l’indole femminile che i pianori sabbiosi di Bramaterra conferiscono al Nebbiolo. Un guizzo d’incenso acuisce l’insieme, donando quel senso di fumosità che distingue i migliori vini dell’Alto Piemonte. La stessa impronta affumicata riecheggia in un sorso grintoso, succoso, supportato da tannini setosi e volgente a sfumature mentolate nel suadente epilogo. 93/100

Vallana – Boca 2013.

 Estroso, scapestrato e fascinosamente irrequieto. Esordisce su sensazioni già mature di terra bagnata, rabarbaro, confettura di more, cuoio ed erbe aromatiche, e diventa più soave col passare dei minuti. Al palato è ugualmente baldanzoso: sfoggia un tannino ferreo e un po’ asciutto, una discreta componente fruttata e un’accattivante sfumatura pepata a rimarcare la presenza nell’assemblaggio della Vespolina.  88/100

Barbaglia – Boca 2013.

Diametralmente opposto rispetto al precedente in termini di precisione; rimane inizialmente imbrigliato tra toni di pepe nero e cenni rugginosi, ai quali si aggiungono pian piano afflati femminei di violetta e liquirizia. Più disinibito è il gusto, la cui progressione è imperniata su di un tannino di gran classe e arricchita da rimandi speziati. 91/100

Ai Valloni – Boca Vigna Cristiana 2011.

 Torna di nuovo la scapigliatura del Boca “vecchio stampo”, questa volta enfatizzata da un tocco di acidità volatile. Percezioni di sottobosco, erbe botaniche, spezie orientali e frutta dolce non dolce come il tamarindo si rincorrono nello sviluppo accattivante. Tannini levigati sorreggono il sorso ricco, polposo, illeggiadrito da idee di erbe botaniche e siglato da ritorni terrestri. 91/100

Cantina del Signore – Gattinara Il Putto 2013.

Puro, lineare e attraente. Propina sensazioni in crescendo di ruggine, ghisa, fiori blu e piccole bacche di rovo. L’impianto gustativo è coerentemente magro, dinamico, sanguigno nel suo impeto salino e solcato da tannini decisi che sostengono l’allungo minerale e floreale. 90/100

Anzivino – Gattinara Cesare 2012

Espansivo, quasi istrionico. Una cornice di menta e caffè, traccia di un uso del legno più generoso della norma, esalta sensazioni di ciliegia sciroppata, nocciola e tabacco. Il sorso è facile, a tratti ruffiano, ma convincente nel suo insieme. Echi morbidi di frutta rossa matura ammorbidiscono la presa tannica e contrappesano la verve agrumata. 89/100

Antoniolo – Gattinara San Francesco 2013

Austero, profondo, inesauribilmente terroso. Spande aromi di mora di rovo, liquirizia, felce, erbe aromatiche e pot-pourri che s’infrangono in una nube di fumo e di grafite. La stessa profondità minerale è riscontrabile nel gusto sontuoso, virile, fitto nell’armoniosa trama, allietato da un soffio floreale che allunga la persistenza aromatica e suggella l’emozionante binomio di potenza e raffinatezza. Non conoscendone la provenienza, lo si potrebbe tranquillamente scambiare per qualcosa di più “meridionale”: magari un Barolo di Serralunga…93/100

Raffaele Mosca,

Master Sommelier

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