La vigna si trova nei dintorni di Cupramontana, grazioso borgo alle pendici dell’Appennino umbro-marchigiano. Il santo – o meglio, l’Arcangelo – dal quale prende il nome è quello che, secondo la tradizione, avrebbe posto fine alla disastrosa peste del 590 con la sua apparizione su Ponte Sant’ Angelo a Roma.
Ma oltre che per la toponomastica attuale – e forse anche propiziatoria – il Verdicchio dei Castelli di Jesi San Michele 2017 di Vallerosa Bonci merita l’assaggio per altre due ragioni ben precise: la specificità con cui racconta un terroir di assoluto rilievo e il rapporto qualità prezzo davvero notevole. La 2017 è, peraltro, un’annata meno cerebrale, più fruibile di altre: il bouquet ci mette un attimo ad esplodere su toni di pesca gialla, pietra focaia, mandorla tostata ed erbe di campo che evocano ora la frescura dell’Appennino marchigiano, ora il calore della vicina costa. Il gusto è cremoso, avvolgente, ma possiede la spina acida necessaria per ripulire la bocca dalle parti grasse dei crostacei, dei famosi Moscioli di Portonovo, di una Rana pescatrice adriatica o di un qualunque formaggio a pasta molle. Chi poi vorrà aspettare qualche anno – ma non troppi, visto che si tratta di un vino da annata calda – potrà goderselo nel momento in cui la matrice terrosa, fungina oggi ancora sottintesa si farà più nitida, e quello con funghi e tartufi (specie se di Acqualagna) diverrà un matrimonio d’amore.
Il San Michele, coacervo di vignaioli
Non un semplice vigneto, ma un vero e proprio Cru posto nella parte più interna della Valle del Fiume Esino, che in tanti, seguendo l’esempio della famiglia Bonci, hanno cominciato a vinificare separatamente. Tra questi, la Marca di San Michele, giovane azienda che nel circondario del vigneto ha anche la sua sede, Ca’ Liptra, che ne propone una versione affinata per ben ventuno mesi tra legno e vetro, e Corrado Dottori, vignaiolo-scrittore che ha da poco pubblicato “Come vignaioli alla fine dell’estate”, romanzo che racconta il cambiamento climatico dal punto di vista di un agricoltore.
Ma qual è segreto del suo successo? Innanzitutto l’esposizione a sud, che coincide anche con un altimetria significativa – 400 metri – ma non tale da pregiudicare la maturazione del Verdicchio. E poi i terreni ricchi di calcare, la doppia ventilazione marittima e appenninica, il clima segnato da escursioni termiche che favoriscono il fissaggio degli aromi. Insomma, prerogative comuni a più o meno tutti i migliori vigneti del mondo: facilissime da descrivere, ma che in realtà sintetizzano equilibri complessi e molto delicati. Per questo riteniamo che il San Michele possa fregiarsi, assieme a pochi altri vigneti, del titolo di “Grand Cru del Verdicchio”, e per una volta siamo quasi contenti che da noi non esista una gerarchia ufficiale, perché malauguratamente per chi produce, ma fortunatamente per chi compra, i vini ai quali dà vita valgono spesso il triplo di quello che costano!
Prezzo: 14,90 € su Bernabei.it
Raffaele Mosca,
Master Sommelier