Ci andrà bene anche questa volta nella speranza di passare indenni al terzo esame del Dipartimento del Commercio Usa? Tutto sommato possiamo essere relativamente soddisfatti dai dati del direttore Area Agroalimentare Nomisma e responsabile Wine Monitor, Denis Pantini che , esaminando in questi primi cinque mesi del 2020 le importazioni di vino Usa, secondo i dati doganali, a valore questi hanno perso il 4%: per cui si può parlare di un dato positivo.
Sono, però, dati, ricorda Pantini, “influenzati dalla corsa agli approvvigionamenti del primo bimestre 2020, dopo l’introduzione dei dazi sul vino francese, che ha portato ad un boom dello Champagne (+158% sullo stesso bimestre del 2019) e a piccoli benefici anche per i nostri vini di alta gamma”.
I dati mensili- continua Pantini- relativi al totale vino, ci dicono che in maggio 2020, su aprile, l’Italia cresce a livello congiunturale del 19%, “sempre considerando che ad aprile le importazioni erano state ben inferiori a quelle di gennaio e febbraio, per i motivi che abbiamo detto prima”.
La Francia perde, invece, il 30% a maggio su aprile, “e se andiamo a vedere il trend tendenziale, quindi maggio 2020 su maggio 2019, l’Italia fa il +7%, inaspettatamente, a differenza dei francesi, che fanno il -59%. L’Italia, dopo la corsa alle scorte, ha seguito ad aprile e maggio 2020 una rotta tutta sua. Non si tratta degli effetti di una corsa all’accaparramento per la paura del carosello di agosto che, in caso, si potrebbero vedere a giugno e luglio”, spiega Denis Pantini.
L’Italia, in sostanza, ha continuato a spedire i propri vini in questi mesi, e non era affatto scontato, visto che anche la Nuova Zelanda, su aprile, ha perso il 9%.. Male invece i prezzi : su aprile, il prezzo medio ha perso il 7%, e su maggio 2019 il 15%. dice il responsabile di Wine Monitor,“C’è tensione sui prezzi, ma va fatta un’analisi- perché non è un dato così negativo come si potrebbe immaginare.
Racconta semmai un cambio negli acquisti: se nei primi due mesi si è puntato forte sui vini di alta qualità, anche per la paura dei dazi, via via che l’on trade è entrato in difficoltà è cresciuto specularmente l’off trade, dimostrando che l’Italia ed i suoi vini godono di una presenza importante anche allo scaffale, dove sono i primi per giro d’affari ed i secondi, dietro agli australiani per volumi venduti”