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Rubrica di Emanuela Medi
 

Vinibuoni d’Italia: la guida dei vitigni autoctoni italiani

Ci voleva Alessandro Scorsone e Mario Busso per dare uno scossone all’insegna della novità, alle tante ormai forse troppe guide dei vini italiani che  hanno tutti , quasi tutti, un  segno distintivo.

Loro invece si sono soffermati, nel giudizio,  sui vitigni autoctoni, la grande carta da giocare nei mercati nazionali e internazionali. Unici, irrepetibili, segnano il territorio e il lavoro dell’uomo in vigna: un patrimonio che in molti vorrebbero immateriale Unesco, che tanti Paesi ci invidiano, ancora poco valorizzati e soprattutto scoperti. Già coperti,  e lo hanno fatto loro in VINIBUONI D’ITALIA 2019, presentato al Merano WineFestival. “ Ascoltiamo- dice Alessandro Scorsone– le musiche di altri quando invece le nostre sono sinfonie straordinarie. I produttori sono li a suonare queste meravigliose musiche e aspettano orecchie per ascoltarle”.

Vitigni autoctoni e territori, Vinibuoni d’Italia li racconta.

“Questi vitigni non sono più secondi a nessuno, dal momento che stanno vivendo una rinascita che li ha trasformati in grandi vini  oltre che essere una risorsa turistica e economica importante.  Vitigni dimenticati ora riscoperti che marcano il territorio che li ospita riflettendone le caratteristiche e l’identità. Diventano un tutt’uno tanto da catturare il visitatore: paesaggio, territorio e cantina, un  valore aggiunto che ha permesso alle cantine di offrire splendidi vini a prezzi  più remunerativi anche per le aziende che possono investire in innovazione e ricerca. Quando noi vediamo quelle vigne pettinate e le facciamo conoscere, già questo ci permette di parlare di quel produttore, delle sue uve e poi di quella terra che è capace di  declinare al meglio ogni singolo elemento”

Ancora tanti territori con vitigni da scoprire

Assolutamente si, parliamo della Calabria con centinaia di vitigni autoctoni non  valorizzati. La risposta la danno loro stessi: non sanno comunicare il loro amore per la terra. Tanti anni fa fui chiamato dalla Regione Calabria per favorire la conoscenza del vino calabrese: il progetto fallì perché non trovavo ristorante che riportasse nella carta dei vini i loro prodotti. C’erano vini toscani, piemontesi , francesi, ma non vini calabresi.  Accanto a loro io trovo le Marche che hanno splendidi vini, ma sono pessimi comunicatori e anche molto conservatori. Hanno mantenuto integro il loro territorio praticamente sconosciuto

 Chi sale?

Il Molise piccola regione che sa raccontare storie molto belle. Sono folgorato dalla Romagna con il Pagadebit il famoso vino dei contadini con cui  pagavano i debiti. Sono vini che non fanno moda e per questo sono saliti su questo palco perché non hanno voce. Il lavoro di un anno per un diploma e una riconoscibilità che meritano.

E i consumatori cercano nel bicchiere questo valore aggiunto, qualcosa di autentico e raro che ha permesso di scoprire e valorizzare vitigni piccoli che crescono in aree  molto limitate, addirittura nei giardini e orti di case  di campagna, difficili da coltivare ma con caratteristiche organolettiche inusuali al palato e al  naso. Un patrimonio immenso se solo pensiamo che abbiamo più vitigni da vino di Francia, Spagna e Grecia messe insieme.

Emanuela Medi, giornalista

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