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Rubrica di Emanuela Medi
 

Vinosano parla di voi: Giovanni Manetti e Fontodi

“I vini di Fontodi testimoni di un territorio, della loro stagione, della filosofia di produzione della famiglia Manetti”

Sostenibilità, razionalità, continuità sono le tre parole che definiscono il credo di Giovanni Manetti, patron della storica azienda chiantigiana Fontodi.

Sostenibilità significa rispetto dell’ecosistema, rifiuto della chimica in vigna e in cantina, autonomia produttiva e ricerca della territorialità attraverso un prodotto più strettamente legato alla terra.

Razionalità è sinonimo di precisione nel lavoro svolto e di un uso appropriato delle tecnologie moderne.

Continuità, infine, è la capacità di perpetrare nel tempo questo progetto, aldilà delle mode e delle strategie di mercato.

Tutto questo trascende i confini dell’agricoltura, divenendo una vera e propria filosofia di vita che ben si accorda l’idea di “vino sano”. Fontodi è indubbiamente il volto più noto della “Conca d’Oro” di Panzano in Chianti , anfiteatro divenuto primo “biodistretto” d’Italia: un’area in cui, su 500 ettari vitati, 400 sono coltivati seguendo i principi dell’agricoltura biologica e biodinamica. Manetti non nasconde l’orgoglio per Panzano e a più riprese afferma il suo impegno per il raggiungimento di simili traguardi in tutto il Chianti Classico, del cui consorzio è stato vice-presidente.

La qualità espressa da Fontodi è anche legata ad un lavoro minuzioso in cantina. Essenziale, in questo contesto, è la supervisione dell’enologo Franco Bernabei che, attraverso pratiche non invasive, ha contribuito alla trasformazione delle eccellenti uve della Conca in prodotti di spicco quali il “Flaccianello della Pieve”, il Chianti Classico Riserva “Vigna del Sorbo”, i “Case Via”, l’insolito e ricercato Vin Santo del Chianti Classico.

“Vini che sono la migliore espressione del nostro terroir – afferma Bernabei – frutto di trentacinque anni di lavoro, a seguito dei quali abbiamo raggiunto la piena consapevolezza di come produrre “

Questa “consapevolezza” si traduce in millesimi sempre più esaltanti di tutti i vini, a partire dal “Flaccianello della Pieve”. Tra tutti, spicca il 2016 che, spillato dalle piccole botti, sprigiona già una carica travolgente. Seguono a ruota il 2010, che è più timido al momento e che probabilmente sarà il più longevo, e il 2006, che, invece, è muscoloso e pienamente espressivo.

Capitolo a parte è quello dedicato a millesimi più distanti come 1993 e 1983, che Manetti considera “opere giovanili”, ma che comunque si distinguono per armonia. Certo, all’epoca erano trascorse poche vendemmie. Viene da chiedersi, pertanto, cosa ne sarà dei vini “della consapevolezza” negli anni futuri. Non lo sappiamo, ma crediamo che saranno sempre e solo migliori.

Raffaele Mosca

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