Dal greco AUTOS/stesso e CHTHON/ terra deriva il termine Autoctono: un nome che indica che quel vitigno è nato e si è sviluppato in un preciso luogo geografico adattandosi a quel terreno quasi a confondersi con esso, anche se molte varietà hanno superato gli stretti confini regionali per essere interessanti anche in regioni diverse da quelli di nascita.
Sull’autoctono il nostro paese gioca una partita importante e ormai vincente puntando sulla biodiversità del territorio- caratteristica geologica dell’Italia- in grado di produrre vini di eccellenza dalle infinite sfumature di odori e sensazioni gustative. Molti esperti stranieri come Jancis Robinson presente a” Modena Champagne Exprience,” tra le più importanti voci del mondo del vino indica nei vitigni autoctoni italiani, la vera novità per il nostro paese in un panorama- anche mondiale- troppo affollato di Cabernet Sauvignon e Chardonnay di cui molta gente si è stancata anche se alcuni blend rimangono imbattibili.
450 i tipi classificati non sono pochi, ma saranno certamente negli anni, molti di più a siglare climi diversi, lo studio di particelle territoriali, a intensificare la zonazione. Autoctono un volano economico per aziende grandi e piccole capaci di valorizzare i vini i, creare posti di lavoro soprattutto per i giovani e a promuovere quell’enoturismo su cui potrebbe vivere comodamente l’Italia senza la spremitura delle tasse!
Autoctono un sorvegliato speciale ! Tanto da raccontare come l’Aglianico, varietà del sud da cui nasce il Taurasi in Irpinia, e l’Aglianico del Vulture in Basilicata. ,il Verdicchio delle Marche, il laziale Cesanese e il Cannonau della Sardegna, il Primitivo di Manduria, il contorto Nerello Mascalese che molti vorrebbero accomunare al più raffinato dei vini francesi il Pinot Nero. E la Tintilia vino molisano autoctono per eccellenza la cui storia risale agli anni del Regno Borbonico circa alla metà del 700.
Lo certifica il suo DNA e le ricerche condotte dall’Università degli Studi del Molise. Tintilia dallo spagnolo “Tinto” che vuol dire appunto, rosso, oggi è molto ricercato,. nonostante sia stato messo da parte negli anni 60, quando i coltivatori molisani preferirono le zone di coltivazioni pianeggianti favorendo la quantità più che la qualità. A bacca nera, colore carico, gusto rustico per un vino che ha ricevuto la DOC nel 2008 e l’iscrizione al Registro delle Varietà di Vite, nel 2012. Grande Di Majo Norante!
Da Sud a Nord con la Schiava, Lagrein, Gewurztraminer,il cui uvaggio più noto è il Santa Maddalena. Loro sono gli ambasciatori del vino altoatesino: i tre vitigni autoctoni del Trentino, già citati nelle cronache del Medioevo sono stati dimenticati fino quasi 15 anni fa ( la Schiava ha addirittura rischiato l’estinzione). Tirati fuori dal cassetto dei vignaioli : oggi il Gewurztraminer aromatico è il pezzo forte dei vini bianchi, il Lagrein è fiore all’occhiello dei vini rossi altoatesini mentre la Shiava, leggero rosso altoatesino è in fortissima ripresa.
Ancora loro i master of wine come Monica Larner di “ The Wine advocate” non ha dubbi sulla competitività italiana legata ai tanti diversi vitigni che non sono solo i famosi come il Nebbiolo, il Sangiovese ma tanti altri emergenti ognuno con le proprie caratteristiche
Emanuela Medi, giornalista, sommelier