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Rubrica di Emanuela Medi
 

Cosa si mangiava al Quirinale?

Non  è un caso che una delle nostre più fortunate  rubriche ”A tavola con gli antichi”  ha incontrato tanto interesse tra i nostri lettori, non fosse altro che per il mutare, nel tempo dello stesso concetto di pranzo: oggi, un boccone al volo, presi dal lavoro, oppure, per chi riesce a sedersi a tavola, un piatto di pasta ed al massimo un secondo.

Ma cosa voleva dire invece pranzare alla Corte di un Re? Ce lo raccontano anche i pranzi alla corte dei Savoia dove vigeva una regola: sfarzo, abbondanza,  con una incredibile sequenza di specialità culinarie tanto da essere oggi improponibili  perché ipercalorici e facilmente indigesti.

Vittorio Emanuele II, il primo Re d’Italia, era descritto come un Re poco mondano e per niente raffinato: lui amava i cibi rustici come polenta, formaggi stagionati odorosi di stalla, bolliti misti delle Langhe  e bere vini  corposi come Barolo e Barbaresco: questo il menù del  pranzo  offerto dal Re Vittorio Emanuele II alla vigilia dell’Unità d’Italia ai rappresentanti della Nuova Italia, accorsi a Torino per festeggiare l’avvenimento.

Potage d’orge perlè

Poulets à la Villeroy

Boeuf à la modeavecpommes de terre

Supréme à la financiére

Filets de lièvreauMadère

ArtichautssauceVentienne

Salè et beurre

Chanilly à la vanille

Patisserie e Dessert

Glace à la vanille

Non sono citati i vini. Si tratta di un menù di impostazione francese con diversi tipi di carni e dolci. Ai tempi dell’Unità d’Italia il cuoco di corte era Edouard Hèlouis, rigorosamente francese, (allievo del grande Carême). I menù erano scritti in francese e continuarono sino al 21-12-1907, quando il re Vittorio Emanuele III impose allo staff del Quirinale la lingua italiana per i pranzi di gala.

Claudio Chiricolo, tratto da ”La storia di ciò che mangiamo” di Renzo Pellati

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