a

I Tag di Vinosano
Rubrica di Emanuela Medi
Home2021Aprile

Aprile 2021

Possiamo definirla storica l’amicizia che lega da sempre le famiglie Churchill e Pol Roger celebrata con Sir Winston  Churchill 2012  lo Champagne di punta della Maison Pol Roger. Una Cuvée  alla sua 19ma edizione arrivata sul mercato da poche settimane con l’annata 2012 Prodotta per la prima volta solo in formato Magnum nell’annata 1975, la Cuvée Sir Winston Churchill è stata presentata solo dieci anni dopo nel 1984 a Blenheim Palace (dimora ancestrale di Churchill) e da allora Pol Roger non ha mai smesso di onorare la tradizione riservando ancora oggi al Regno Unito il primo assaggio di ogni nuova vendemmia.Il massimo riserbo è mantenuto sia sulla composizione che sul numero di bottiglie prodotte (estremamente limitato); i formati sono quelli classici da 0.75 e 1.5 L, con una novità dalla vendemmia precedente (la 2009) della messa in produzione di soli 100 pezzi nel formato 3 litri in cassa de luxe. In Italia Pol Roger è distribuito in esclusiva da Compagnia del Vino, una delle più importanti aziende Italiane di distribuzione che rappresenta Famiglie del vino selezionate per storia, qualità e rappresentatività del territorio di produzione; per il Sir Winston Churchill il prezzo in enoteca è di 270 euro per il formato 0,75,

Certo il maltempo, il coprifuoco alle 22, il consumo vietato al bancone, le difficoltà economiche che non hanno consentito a molti bar e ristoranti di accogliere i clienti al tavolino non hanno favorito la sospirata  riapertura  che è apparsa stanca e sfiduciata tanto da ipotizzare un lento recupero che per i consumi fuori casa segnano un meno, meno. Parliamo allora del vino che  secondo le stime della società di analisi TradeLab per Federvini, chiuderà il 2021  con un calo dei consumi di vino fuori casa del -37% e del -41% degli spirits,  rispetto gli ultimi anni pre-pandemia. TradeLab, stima un consumo fuori casa primaverile molto tenue  , per l’estate, invece, (luglio-settembre)  un consumo uguale o superiore a quello dello scorso anno  ,nell’ultimo trimestre dell’anno se la campagna vaccinale darà i risultati sperati, ci sarà un aumento nei consumi degli spirits viene previsto un miglioramento per il settore spirits.. A livello  regionale  scendono  il  Trentino Alto Adige (-46,8%), Umbria (-41,9%), Valle d’Aosta (-41,2%), Toscana (-40,5%), Veneto (-39,4%), Lombardia (-38,3%) e Piemonte (-38,2%) Seguono con dati leggermente migliori Liguria (-37,5%), Friuli Venezia Giulia (-36,5%), Marche (-36,5%), Sicilia (-35,5%), Lazio (-34,3%), Abruzzo (-34%), Campania (-30,1%) e Calabria (-29%). Infine Sardegna (-27,3%), Molise (-26%), Basilicata (-21%) e Puglia (-19,1%)

Giampietro Comolli Finalmente ci si accorge che la biodiversità è un nostro grande patrimonio con il 16% , l’Europa l’8%  e dell’importanza di “salvare” il dna delle specie vegetali e botaniche che hanno segnato la vita, la ricerca, lo studio e il consumo di 2/4/6 mila anni di storia della società umana. Tutti oggi si riempiono la bocca di “ambiente, transizione ecologica, specie vegetali agricole”. Finalmente, non è “mai troppo tardi” diceva la lungimirante trasmissione Rai degli anni 1960-1970 del maestro Alberto Manzi,  un benemerito della TV di Stato quando era un vero servizio pubblico senza logiche di interessi personali.  Oggi la FAO, sentiti vari comitati tecnici scientifici accademici emeriti giuristi (bastava leggere quanto scritto da Ceves-Ovse www.ovse.org già 10 anni fa), lancia il messaggio che in un secolo si è perso il 75% delle specie utilizzate per la produzione in agricoltura, fonte di alimenti e cibo. Oggi scoprono che questa “dimenticanza-distruzione” è la principale causa della perdita di biodiversità in circa il 50% del suolo agrario del pianeta. Ripeto: abbiamo perso il 50% della biodiversità naturale e coltivata della nostra Terra. Vince la monovarietà, la monocoltura, la monoproduzione, Altro dato allarmante che dovrebbe essere oggetto quotidiano&continuo&pressan….quello che solo 4 multinazionali in tutto

“Il Lambrusco secondo noi “ è quanto ha  pensato e realizzato Cleto Chiarli quando nel 1860 decise di trasformare in Cantina la Trattoria dell’Artigliere, che gestiva a Modena con la famiglia, per dedicarsi interamente al vino visto il successo che il suo Lambrusco otteneva tra i clienti.  Un secolo e mezzo , quattro generazioni a segnare  il legame indissolubile  della divenuta Cleto Chiarli Tenute Agricole con  il più amato, e conosciuto vino all’estero, il Lambrusco Tommaso Chiarli, 2020 anno difficile, come è andata per il vostro gruppo.  “Globalmente abbiamo registrato un calo di fatturato del 5% su una produzione di 20 milioni di bottiglie segnato da un export in forte ribasso del 10/15% e da un consumo interno, anche qui, fortemente penalizzato dalla chiusura della ristorazione che per noi ha sempre rappresentato il principale canale di vendita. Il recupero lo abbiamo avuto nella grande distribuzione, vera rivelazione come canale di vendita in questa pandemia, dove il brand Chiarli si è posizionato nella fascia alta della gamma dei Lambruschi.  Una svolta molto importante che ha segnato la qualità dei nostri prodotti, confermata da prestigiosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Vorrei precisare che le nostre vendite nella GDO sono diversificate tra ipermercati, supermercati, store di piccola-media

248 miliardi di euro di investimenti  nel  Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Approvato e contestato-come prevedibile- il piano comunque ha molte carte  per far ripartire il nostro paese. Tra le voci che maggiormente pesano, Slow Food, di cui riportiamo alcuni passi del loro comunicato stampa.  “Quella che emerge dalla lettura del PNRR non è una strategia per la transizione ecologica ma piuttosto un programma per l’ammodernamento del Paese.  La transizione dovrebbe essere un passaggio da un modello all’altro e non un aggiustamento, pur se profondo, di un modello che si vuole perpetuare. Afferma Francesco Sottile, a nome del Comitato esecutivo di Slow Food Italia. Il PNRR, insomma, sembra essere stato partorito non avendo piena coscienza delle cause che hanno determinato la più drammatica crisi dall’ultimo dopoguerra a oggi e rincorrendo vecchi modelli produttivistici di sviluppo. Si parla di  “digitalizzazione” (che sembra essere diventata la soluzione di tutti i mali dell’Italia), “ecodesign”, “green”: non è possibile, per esempio, che sui rifiuti si parli solo di riciclo e mai di riduzione, come pure non si capisce come in tutto il documento non compaia mai la parola agroecologia, l’unica pratica agricola che può rigenerare la terra e l’ambiente circostante», prosegue Sottile. Il piano rimane,

Sfruttare il tutolo (la parte interna e spugnosa della pannocchia, solitamente scartata) di mais colorato per ricavarne antocianine, naturalmente ricche di pigmenti per le colorazioni rosso, blu, viola e porpora, e impiegarle in ambito tessile, farmaceutico e veterinario per la produzione di coloranti naturali e integratori alimentari  E’ quanto ha dimostrato una ricerca, pubblicato sulla rivista ACS - Sustainable Chemistry & Engineering,  coordinata da Roberto Pilu, docente di Miglioramento Genetico delle piante, e da Fabrizio Adani, docente di Biomass and Waste Recycling Promoting the Circular Economy, del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali e del Gruppo Ricicla  che descrive un sistema di recupero di scarti agricoli aderente ai principi della bioeconomia circolare definita nell’ “Agenda Europea 2030 per lo sviluppo sostenibile”. Ma in cosa consiste lo studio :la materia prima è il mais pigmentato che entra in un ciclo estrattivo per il recupero degli antociani, mediante l’uso di solventi green, in questo modo si possono  sfruttare le diverse e importanti proprietà degli antociani che sono molecole coloranti, antiossidanti e anti-infiammatorie, e anche composti antibatterici naturali. Lo studio è stato sviluppato secondo un approccio di bioraffineria con lo scopo di estrarre gli antociani presenti in un ibrido selezionato di mais pigmentato, coltivato presso

Il Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo si è reso promotore di un’importante iniziativa a supporto dell’enologia del territorio, frutto della collaborazione con il Dipartimento Agricoltura della Regione Abruzzo attraverso l’Ufficio Direttiva Nitrati e Qualità dei Suoli e Servizi Agrometeo regionale.  Si tratta della creazione del REGISTRO CLIMATICO DELLE STAGIONI VITIVINICOLE che utilizzando la rete di centraline presenti su tutto il territorio abruzzese raccoglie dati e fornisce informazioni utili ai produttori, aiutandoli ad impostare le strategie agronomiche più adatte, attraverso la pubblicazione di report bimestrali. Ma se la pandemia ha fermato tanti momenti importanti del mondo del vino come eventi,  manifestazioni, fiere, la natura ha continuato il suo naturale percorso segnato da pratiche che è interessante ricordare Proponiamo quindi una lezione di enologia a cura del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo LA POTATURA Si è già provveduto, nei mesi di gennaio e febbraio, alla potatura “secca”. Rigorosamente a mano,  questa operazione riveste una straordinaria importanza alla base della nuova produzione: viene effettuata valutando ogni singola vite, dandole uno sviluppo adatto alla sua vigoria ed alla sua conformazionefavorisce una corretta crescita di tralci a frutto, che producano la quantità desiderata di uva: cioè bassa e qualitativamente migliorebilancia l’equilibrio tra quantità fogliare e quantità di grappoli, importante per garantire un giusto bilancio tra illuminazione ed ombreggiatura e tra dolcezza ed acidità dei mosti: tutto

E’ di fatto il Mondial des vins Extrêmes, l’unica manifestazione enologica mondiale interamente dedicata ai vini prodotti in zone da viticolture “eroiche”  , quest’anno  con una novità:   vi sarà un concorso collaterale aperto  ai distillati  ,“Extreme Spirits International Contest”. Il concorso, autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole, fa parte di VINOFED, la Federazione dei Grandi Concorsi enologici, che raggruppa 17 tra i più importanti concorsi internazionali. La grande novità dell’edizione 2021 è il concorso riservato ai distillati  provenienti da tutto il mondo che siano produzioni tradizionali nelle zone della viticoltura eroica (montagne, e non solo). Un concorso quindi unico nel suo genere, le cui selezioni anche dei vini , viene giudicato da un’apposita commissione formata da enologi e tecnici,  in programma in Valle d’Aosta dal 15 al 17 luglio, nel rispetto delle attuali norme per il contenimento dell’emergenza sanitaria Coronavirus. Come riporta Il Giornale dei Distillatori le categorie  ammesse sono: Grappe e Acquaviti di vinaccia giovani; Grappe e Acquaviti di vinaccia aromatiche giovani(provenienti da vitigni aromatici); Grappe e Acquavitidi vinaccia invecchiate (con permanenza in legno peralmeno 12 mesi); Grappe e Acquaviti di vinaccia riserva o stravecchia (con permanenza in legno per almeno 18mesi); Acquaviti d’uva; Distillati di vino (Brandy,  ognac, Aguardiente, ecc.).  Per

Ha scelto la Gran Bretagna e precisamente Londra per ripartire, Eataly dopo un anno difficile che ha segnato perdite degli utili pari a 4 milioni di euro e un anno il 2019  con ricavi pari a 527 milioni di euro. La pandemia ha  causato danni ingenti  al colosso della  vendita al dettaglio tanto che come ha osservato lo stesso Nicola Farinetti, AD di Eataly, non si poteva non prendere atto della situazione  che ha portato alla chiusura definitiva dei punti vendita di Forlì e Bari.   Appuntamento ora a Londra il 29 di Aprile con il primo punto vendita a Broadgate, accanto alla stazione di Liverpool Street. 4.000 mq che ospiteranno 5.000 prodotti italiani e specialità locali di eccellenza e 2.000 etichette di vino,  tanto da divenire la più grande cantina di vini italiani della City e d’Europa. “Siamo felici di aprire finalmente le porte di Eataly Londra per portare il nostro amore per la cultura enogastronomica italiana anche nel Regno Unito e dare spazio a molti produttori italiani che vi arrivano per la prima volta”, dice l’amministratore delegato di Eataly, Nicola Farinetti. “Lo stare insieme è al centro dei valori del nostro marchio e, seguendo e implementando tutte le misure di sicurezza

Finalmente si respira aria di primavera e nell’Azienda Fornacina di Montalcino spuntano i primi germogli. Ci troviamo a 600 mt di altitudine, sulla sommità di una collina un tempo ricoperta di lecci, Montalcino in latino “Mons Ilcinus” significa infatti “monte dei lecci”. Quest’area oggi pullula di vigneti e, nel 1981 Ruggero Biliorsi vendemmia il suo primo Brunello, con la chiara idea di fare vino di qualità, seguendo i metodi tradizionali. I vigneti coprono una superficie totale di 5 ettari, di cui 3 sono distribuiti sul versante Sud, Sud- Est della collina montalcinese a 400 m. s.l.m. (vicino alla propria sede) e gli altri 2 ettari invece sono sul versante Sud di Montalcino, a Castelnuovo dell’Abate. Il terreno allora, si presenta piuttosto variabile, in alcuni punti è di medio impasto, in altri invece ha un PH decisamente più alcalino fino ad essere composto di solo galestro. Oggi alla guida della Fornacina ci sono Simone e Mauro, figli di Ruggero che, assieme alla preziosissima consulenza dell’enologo Attilio Pagli e l’agronomo Folco Giovanni Bencini, mantengono vivo il legame con questa terra d’origine. Nel 2004 l’azienda diventa biologica e da questo momento viene regolarmente ispezionata da I.C.E.A., (Istituto per la Certificazione Etica e Ambientale)