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Rubrica di Emanuela Medi
 

San Valentino, da Santo romano a Santo degli innamorati

Una delle ricorrenze più popolari e diffuse in tutto il mondo, a parte quelle di Natale e di Pasqua, è sicuramente la festa di san Valentino, la quale, sebbene abbia assunto via via caratteristiche più profane e mondane, dedicata com’è agli innamorati, ai promessi sposi o agli amanti, aveva in origine, come tutte le ricorrenze dei santi, una connotazione specificamente religiosa, e cioè quella di ricordare il giorno della sua morte, appunto il 14 febbraio, che era per  la Chiesa è l’inizio della sua vita eterna

Il principale problema circa l’identità di Valentino nasce dal fatto che il Martirologio Romano, al giorno 14 febbraio segna due persone diverse sotto lo stesso nome.

Il primo Valentino era un presbitero vissuto nella seconda metà del III secolo, al tempo dell’imperatore Claudio Il Gotico, che avrebbe convertito un aristocratico romano di nome Asterio incaricato invece dall’imperatore di distoglierlo dalla fede cristiana. Dopo aver operato un miracolo ridando la vista alla figlia di questo Asterio e aver così convertito alla fede costui e tutta la sua famiglia, Valentino fu decapitato sulla Via Flaminia intorno al 270.

La vicenda del secondo Valentino, nativo di Terni, pur non essendo propriamente, come si potrebbe supporre, quella di un Romeo innamorato di una Giulietta che pagò con la vita per questo amore, pare offrire qualche piccolo appiglio a questo patronato degli innamorati. Di lui in realtà si sa che fu un martire del quarto secolo, giustiziato a quanto riferiscono le fonti il 14 febbraio del 347, in epoca dunque in cui l’Editto di Costantino aveva ormai concesso libertà di culto ai cristiani.

Alcune fonti aggiungono che fu un vescovo e che venne martirizzato dalle autorità pagane ostili ai cristiani. Probabilmente il supplizio di Valentino rientrava nella confusa fase immediatamente successiva alla promulgazione dell’Editto di Costantino, e dimostrava che le resistenze e l’opposizione del mondo pagano alla nuova religione erano ancora forti e diffuse nei quadri dirigenti dell’impero. Non bastava infatti un decreto dell’imperatore a far cambiare dall’oggi al domani la mentalità di funzionari abituati a perseguitare i seguaci di quella nuova religione che veniva dalla Giudea.

Il contesto storico, almeno fino all’editto di Teodosio del 380 che impose il cristianesimo come unica religione di Stato, era piuttosto confuso tra i seguaci dei vecchi dei e quelli del nuovo Dio che pretendeva di essere l’unico vero e mai si sarebbe accontentato di un posto nel Pantheon accanto agli altri. 

Le fonti su san Valentino da Terni sono in realtà incerte, ma sembra assodato che il suo culto fosse promosso circa un secolo e mezzo dopo la sua uccisione, e precisamente intorno al 496, da parte del pontefice Gelasio, che voleva abolire la pagana e licenziosa festa dei Lupercalie sostituirla con quella in onore di san Valentino. Infatti nella Roma pagana, durante l’antichissima festa dei Lupercali, giovani nudi giravano per le strade fustigando le donne sterili con strisce di pelle a scopo propiziatorio affinché diventassero gravide, e sembra che questo rito della fertilità avesse successo in molti casi. Forse qualcuno potrebbe pensare che durante queste fustigazioni non mancasse l’ausilio di volonterosi che si prodigavano con tentativi più aderenti alla maniera tradizionale per raggiungere l’agognato concepimento. 

Lo sfondo erotico di questo antico rito della fertilità e il timore delle sue degenerazioni orgiastiche dovettero probabilmente spingere -come accadde in vari altri casi simili- le autorità religiose a incanalare in qualche modo la matrice sessuale che lo caratterizzava in un contesto più moderato, insomma a cristianizzare questa festa pagana, e a sostituirla con la festa di san Valentino, che era stato martirizzato proprio nei giorni deli Lupercali.

Altre fonti raccontano che sarebbe stato il famoso scrittore inglese Geoffrey Chaucer responsabile delle prime notizie che avrebbero fatto nascere questa tradizione del patronato degli innamorati, allorché scrive che nel giorno di san Valentino gli uccelli, finito il periodo del più grande freddo, iniziavano le loro danze d’amore. E anche per questo l’iconografia del santo a volte lo rappresenta con un sole in mano: insomma questa data calendariale che segnava una imminente primavera sarebbe stata la vera causa di questo antico e diffuso patronato.

La verità è non esistono fonti che danno notizie davvero certe in proposito, e dobbiamo accontentarci di registrare l’evoluzione storica che fece diventare il nostro santo il patrono degli innamorati. 

A san Valentino è connessa una tradizione analoga a quella che vede protagonista San Nicola, il Santa Claus del mondo anglosassone, il quale non è altro che il nostro Babbo Natale: il santo di Terni, come la tradizione vuole che abbia fatto il santo patrono di Bari con tre fanciulle, fece dono della dote a una giovane orfana, povera e sola al mondo, evitando così che finisse sulla strada, come spesso accadeva in casi del genere, allorché per fanciulle povere e prive dei genitori la prostituzione diventava una concreta possibilità di sopravvivenza. Naturalmente si potrebbe osservare con la nostra mentalità moderna che la dote non garantiva affatto la felicità, perché poteva significare l’accesso a un matrimonio d’interesse e non d’amore…

Ma sappiamo del resto che certamente il cosiddetto ‘matrimonio d’amore’ così come lo concepiamo noi nel mondo romano non esisteva affatto. Si ricorderà inoltre, che a parte le abitudini di molti popoli cosiddetti ‘barbari’ che sarebbero entrati in Italia imponendo le loro regole, la dote, a partire dal basso medioevo, e con la rinascita del diritto romano sarebbe stata obbligatoria in Italia addirittura fino al raggiungimento dell’unità della penisola.  Ma che non esistesse il matrimonio d’amore non significava ovviamente che non esistesse l’amore, che si poteva ritrovare e celebrare in tanti modi al di fuori dei suoi vincoli. Vincoli che si imponevano, come ben si sa soprattutto alle donne.

Neanche questo episodio del dono della dote ad una ragazza povera che la tradizione ha attribuito a san Valentino tuttavia spiega il nesso tra il santo e gli innamorati, e di conseguenza le origini storiche di questa relazione permangono oscure. Sta di fatto che il santo di Terni divenne il protettore delle persone che si amano, o quanto meno da queste era invocato nell’Europa cristiana

Non più a Venere o a Cupido dunque cominciarono a rivolgersi nell’Europa cristiana gli innamorati, come aveva fatto a suo tempo Catullo (Lugete, o Veneres Cupidinesque, piangete Veneri e Amorini) uno dei più apprezzati poeti di Roma, ma al più austero santo umbro , il nostro san Valentino.

Eppure l’amore, le cui gioie sono strettamente connesse, ahinoi con le sue pene nessuno aveva celebrato meglio proprio del poeta veronese, che seppe cantare l’amore sintetizzandone gioie e pene col più celebre ossimoro che sia mai stato scritto: Odi et amo

Un passo dell’Amleto nel quarto atto conferma che nell’epoca di Shakespeare era diffusa come oggi la prassi di invocare san Valentino per favorire o proteggere un amore: l’infelice Ofelia, in preda alla passione per il pallido principe danese che invece l’aborriva e anzi le uccise il padre, così si esprime nel delirio della sua follia amorosa: «Domani è san Valentino…. e io busserò alla tua finestra… voglio essere la tua Valentina». 

Forse, anche riscoprendo la storia di questo santo, si potrebbe celebrare in maniera un po’ più originale anche la sua festa. Questo senza rinunciare, oltre che ai mille e mille baci richiesti da Catullo alla sua amata (da mi basia mille…) anche ai gustosi baci di cioccolata che riempiono, insieme agli ormai decisamente inflazionati cuoricini, le nostre vetrine in questi giorni.

Antonio Di Fiore

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