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Rubrica di Emanuela Medi
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Luglio 2017

[eltdf_dropcaps type="normal" color="" background_color=""]J[/eltdf_dropcaps]azz e vino: un matrimonio d’amore lungo venti anni: è il festival Jazz & wine in Montalcino nato nel 1998 dalla collaborazione tra l’azienda vinicola Banfi, la famiglia Rubei dell’Alexanderplatz di Roma ed il Comune di Montalcino “E’ stata la passione condivisa con Gianpiero Rubei per due culture- dice Rodolfo Varaldi, direttore commerciale di Banfi- quella del grande vino di qualità come il Brunello e quella della musica Jazz. E’ nata semplicemente così nel 1998 attorno a un tavolino l’idea di un festival -primo al mondo- in cui si potesse ascoltare la grande musica come il Jazz in un luogo, Montalcino il cui territorio è espressione di un brand famoso in Italia e all’estero. Allora ero molto più giovane, responsabile del marketing del’azienda Banfi che aveva una visione molto spinta sul commerciale per cui sposò in prima linea l’intero progetto. Allora come oggi “. Osserva Paolo Rubei dell’Alexanderplatz, tempio romano del Jazz, “Il festival del Jazz a Villa Celimontana era già famoso, portarlo in Umbria fu un’idea coerente con lo spirito del festival. In più la sponsorizzazione di Banfi che anche a Villa Celimontana ci offriva i suoi vini, determinò la nascita di questo evento, imperdibile per gli

Incontro Carmela Pierri in un ristorante. Il nostro dialogo è tutto incentrato sulla gastronomia. Il sapore di questo o quel piatto, la sensazione che prevale in uno o nell’altro, la consistenza di alcuni e la temperatura di servizio di altri. Tempo dopo la ritrovo nello stesso ristorante e mi regala questo suo libro, arricchito da una meravigliosa dedica. Tuttavia ancora non so. Il libro si intitola “Mangia con gli occhi” (Ed. Aracne), ma non è la solita esercitazione stilistica per fashion gourmet. Il libro racconta la sofferenza di un’anima che si ritrova improvvisamente cieca ed isolata perché due importanti canali di comunicazione con il mondo si sono chiusi. La protagonista si ritrova a vivere un dramma silenzioso ed invadente: la scomparsa improvvisa delle percezioni olfattive, gustative e tattili. Il furto del piacere, lo definisce lei brillantemente: ageusia e anosmia. Una disabilità minore, sottolinea Carmela, ma non per questo meno destabilizzante. Non è facile immaginare come questo “furto” possa modificare le nostre relazioni sociali che quasi sempre ruotano intorno alle cene, alle degustazioni, alla condivisione di sapori e profumi. L’autrice ha messo una delicatezza infinita nel raccontare la sua privazione e l’immensa forza nel dirci come ha dovuto attraversarla e conviverci.

Si sono incontrate per un serrato confronto tra due culture: l’Università e la cultura del vino e dell’olio. E’ accaduto a Roma, il 3 Luglio al “10 Forum Internazionale della cultura del vino e dell’olio” organizzato dalla Fondazione Italiana Sommelier. ”Abbiamo bisogno - ha detto il Rettore dell’Università Luiss, Prof.ssa Paola Severino- di formare figure nuove di professionisti adatte a un mondo che cambia e il mondo dell’agricoltura è molto cambiato. Io credo che il dovere delle Università sia quello di fare dei master e la Luiss ne aprirà uno sull’agroalimentare, per la prima volta anche in Inglese, a partire dal prossimo anno”. Cultura del vino ”60 milioni di italiani lo bevono ma pochissimi conoscono quello di qualità. -dice Franco Maria Ricci Presidente della Fondazione Italiana Sommelier- Il nostro paese rimane ancora troppo lontano dal comunicare questa cultura”. Una cultura di cui tutti parlano, sbandierata, reclamata da un parterre di eccezione presente all’evento, ma che di fatto non esiste, come materia d’insegnamento, nemmeno negli Istituti professionali . Ci vuole una proposta di legge che affannosamente si cerca di far approvare! “L’Italia sta voltando pagina -dice Oscar Farinetti- non è vero che siamo in una fase di stallo , il nostro vino va bene, la

Non vogliamo palare della storia del vermouth perché il vermouth è tre secoli di storia e di cultura del bere. E’ la storia di una grande città: Torino. E’ la storia di produttori di vermouth e liquori (trenta nel 1840) che hanno fatto del vino aromatizzato con artemisia, un prodotto di eccellenza nel mondo. E’ la storia del vermouth Carpa creato nel 1786 da Antonio Benedetto Carpano. Costui, sicuro della qualità del suo prodotto, decise di inviarne una cesta al re Vittorio Amedeo III. Piacque così tanto che ben presto divenne l’aperitivo per eccellenza e la bevanda preferita dei torinesi. E’ la storia della denominazione legale “Vermouth di Torino” riconosciuta e recepita nel 1991 anche a livello europeo. E ben venga l’Istituto del Vermouth di Torino, costituito appena tre mesi fa, nato per valorizzare e promuovere nel mondo questo prodotto cui si legano nomi storici come Berto, Bordiga, Carlo Alberto Carpano, Chazalettes, Cinzano, Del Professore, Giulio Cocchi, Gancia, Drapò, La Canellese, Martini&Rossi, Giovanni Sperone, Vergnano e Tosti. E ora qualche aneddoto: le aziende più antiche erano localizzate in prossimità di fiumi e strade ferrate per spedire grandi quantità di prodotto che a metà dell’800 arrivavano a ben 150 paesi. E ancora, il

Parlare con Renzo Cotarella attuale amministratore delegato della Marchesi Antinori, significa non solo ripercorrere la storia di un grande vino, il Cervaro, ma anche quella di una grande azienda e di un progetto che ha saputo interpretare e valorizzare, al meglio, il territorio in cui si è sviluppato. Simpatico, incisivo con una parlata senza fronzoli, Cotarella mi ha ripetuto più volte ”Questa è la vera storia del Cervaro”.

E’ la prima “SUMMER SCHOOL” dedicata ai profili del Sangiovese: dal 25 al 29 Settembre a Montalcino sarà di scena il vitigno più coltivato d’Italia (53.000 ettari, l’8% del vigneto nazionale, dati Oiv). Con questo progetto- ha detto Rodolfo Maralli presidente del la Fondazione Banfi- vogliamo dedicare un centro culturale al Sangiovese come ce ne sono dedicati in Francia al Merlot e altri vitigni- per creare professionalità e conoscenza su questo grande vino.” Comitato scientifico al Top con la presenza di Attilio Scienza, docente di viticoltura all’Università di Milano e Alberto Mattiacci, docente di economia e marketing alla Sapienza di Roma.

Finalmente una degustazione bendata per gli appassionati del vino: protagonisti cinque vini francesi. L’appuntamento promosso dall’azienda vitivinicola Capannelle di Gaiole in Chianti, famosa per i vini quali 50&50, il Solare e il Chianti Classico, è con il “ Raduno del club del caveau” per martedi 11 luglio alle ore 18 in piazza Ricasoli . Premi di tutto rispetto per chi riuscirà ad indovinare le cinque etichette: un soggiorno di due notti all’interno del Wine Resort Capannelle a Gaiole in Chianti e un calice in argento, realizzato dallo storico marchio artigiano Brandimarte di Firenze.

Un Franciacorta d ’eccellenza, giocato sulla personalità, sulla vinosità e sulla profondità. Tale è la “Riserva Vittorio Moretti”, cuveè de prestige che il fondatore di Bellavista, azienda leader nel panorama franciacortino, ha voluto dedicare a sé stesso. Un grande vino, del resto, deve essere territorio, vitigno e annata, poiché solo attraverso l’espressione di questi tre elementi riesce ad emozionare. Su quest’ultimo fattore c’è qualcosa in più da specificare, poiché dell’ annata in questione, la 2008, si è parlato molto, specie oltralpe . Difatti, in quel della Champagne, dove vengono forgiate le bollicine più blasonate del mondo, sono in molti a reputare questo millesimo il migliore da inizio millennio. In Franciacorta, l’ annata non ha avuto la stessa risonanza. La Riserva Vittorio Moretti, come tutti i grandi spumanti millesimati, non si basa su di una ricetta prefabbricata, ma viene progettata ad hoc ad ogni edizione. Ne consegue una costante variazione dell’ assemblaggio, dell’ affinamento e del dosaggio. Nell’ edizione 2008, si è optato per un assemblaggio di Chardonnay (58%) e Pinot Noir (42%). La prevalenza dello Chardonnay non può che tradursi in tipicità, in quanto è proprio quest’ uva, la più diffusa nell’ areale, a conferire, nelle sue espressioni migliori, sentori floreali, minerali e balsamici di

Ci voleva la rivoluzione geologica dell’era Secondaria e Terziaria per formare quel piccolo gioiello di natura che è la Franciacorta di oggi. I depositi morenici che si sviluppano lungo l’anfiteatro sebino costituito da colline a cerchio in modo concentrico rispetto il lago d’Iseo, si sono formati almeno 5 milioni di anni fa, a seguito della discesa dei ghiacciai dando luogo appunto, alla matrice morenica dei suoli. Una doverosa e speriamo non noiosa spiegazione geologia perché è proprio questa matrice morenica che caratterizza le numerose rocce che affiorano costituite sia da calcari marnosi di colore dal grigio al bianco, sia delle arenarie grigie e compatte. Lo scioglimento dei ghiacciai ha completato l’opera con i caratteristici depositi alluvionali per raggiungere l’attuale stratificazione pedologia. Come in tutti i terroir italiani la loro caratterizzazione morfologica, pedologica e climatica conferisce l’imprinting dei vigneti e dei vini di cui sono espressione. Suoli importanti, ricchi di Sali minerali che conferiscono ai vini di Franciacorta grande mineralità, sapidità, corpo e struttura. Note fresche, di frutta, macchia mediterranea, balsamicità, la famosa crosta di pane più o meno accentuata, la leggera speziatura e tannicità data quest’ultima dalla presenza del Pinot Nero, non fanno che arricchire un corredo olfattivo e gustativo per