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Rubrica di Emanuela Medi
 

L’architettura rurale nel paesaggio del vino

Un paesaggio vitivinicolo è anche il risultato architettonico, e dunque visibile, del modo in cui diverse epoche, culture, generazioni di contadini ed imprenditori hanno inteso ed interpretato il connubio tra produzione funzionalità-terroir-estetica.

Gli elementi fisici del paesaggio spesso non si limitano a dettare o suggerire scelte agronomiche, ma si trasformano essi stessi in elementi costruttivi dello scenario visivo.
Lo spirito della villeggiatura e, al contempo, la necessità di controllare i propri fondi direttamente nei luoghi della produzione, sono gli elementi costitutivi la progettazione delle eleganti ville venete.
Di Palladio è la cinquecentesca Villa Barbaro a Maser, ai piedi dei Colli Asolani, a dominio di vigneti ancora oggi in produzione.
Le ville, con bei giardini e cantine, sono frequenti anche tra le colline veronesi della Valpolicella, dove la vite già secoli fa era un elemento identificativo locale.
Le funzioni di rappresentanza, amministrazione e conduzione agricola si concentravano nelle sedi istituzionali della vinicoltura italiana.

Tra i luoghi che ancora oggi marcano lo skyline rurale dei grandi vini sono il Castello di Barolo e il Castello di Brolio.

Anche i luoghi dello spirito sono stati importanti realtà di produzione, continuando ad essere punti di riferimento nei paesaggi italiani. L’articolato mondo delle abbazie e dei monasteri del vino, a partire dal medioevo hanno contribuito fortemente al diffondersi della vite e dell’enologia.

Nel cru agostiniano dell’altoatesina Abbazia di Novacella, filari di Sylvaner, Müller-Thurgau, Kerner e Gewürztraminer si disperdono lungo il fondovalle del fiume Isarco ed intorno all’articolato complesso monumentale.

 

 

 

Mariagiovanna Basile, architetto

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