Uno dei simboli più rappresentativi della Pasqua è certamente quello delle campane e per comprendere il significato di questo simbolismo è il linguaggio che offre una risposta. A Pasqua non si dice tanto che “suonano” le campane, ma che “si sciolgono” le campane.
A Pasqua non si dice tanto che “suonano” le campane, ma che “si sciolgono” le campane. Perché?
Perché si usava che le campane, dopo la Messa in Coena Domini, il giovedì, venissero legate e poi “sciolte” dopo il Gloria il sabato santo. Talvolta al loro suono seguiva la liberazione di colombe in volo. Questo rito faceva sì che il venerdì santo, fossero in uso vari strumenti rituali per emettere suoni che non potevano essere espressi dalle campane. Tavolette con maniglie di ferro dette “battutelle” a Genova, “battole” a Venezia, “trocculi” a Palermo. A Procida, nella processione del venerdì santo, suona ancor oggi una speciale tromba dal suono lugubre e triste.
Dunque, ora tentiamo di comprendere perché le campane siano diventate, prima ancora che simbolo della Pasqua, più in generale, un simbolo religioso.
Una poco documentata tradizione racconta che le campane furono inventate da san Paolino di Nola (IV-V secolo), ed erano dette appunto, “nolae”.
(termine sostituito poi da quello di “campane” perché la Campania sarebbe stato il luogo in cui era specializzata la loro produzione).
Fonti soprattutto archeologiche raccontano invece della loro antica origine sia a Creta (campane in terracotta), sia in Oriente, in questo caso metalliche, e in particolare in Cina, tutti luoghi dove ne sarebbero provato l’uso da una remota epoca precristiana.
Uso che in Europa è attestato sempre crescente dal Tardo antico al Medioevo, al punto da far diventare le campane, come splendidamente ha raccontato uno dei massimi medievisti, Jacques Le Goff (Tempo della Chiesa e Tempo del mercante 1977), il simbolo stesso del Tempo della Chiesa.
E proprio per questo valore assoluto del tempo, le campane, acquistarono a poco a poco un valore sacro. Spesso il loro bronzo era fuso anche con le insegne di pellegrinaggio che pellegrini e pellegrine, di ritorno dal loro viaggio, consegnavano nelle chiese proprio per quest’uso e la sacralità ne veniva accresciuta.
Le campane venivano benedette e anche “battezzate” con antichi rituali e sovente il nome che veniva loro imposto era un nome femminile.
A Napoli, era famosa “Carmela”, la campana più importante della chiesa del Carmine al mercato; a Rouen e Orléans le campane portavano entrambe il nome di Giovanna d’Arco. Ed è proprio a proposito delle donne che possiamo aggiungere un altro particolare a questa breve rassegna “campanara”. Infatti furono proprio le donne che contribuirono non poco a far fallire i progetti di laicizzazione che si accompagnarono ad alcune fasi della Rivoluzione francese.
Soprattutto ciò accadde quando, con la soppressione della settimana e del culto dei santi, fu espressamente vietato l’uso delle campane. E a suonare di nascosto queste ultime, molte donne ospitavano nei fienili preti refrattari, che non avevano giurato fedeltà al nuovo ordine rivoluzionario, inviarono i propri figli.
Talvolta suonavano esse stesse le campane dell’Angelus, o facevano suonare ai propri bambini le campane delle mucche. Così, invece dell’odiato décadi, che faceva durare il tempo del lavoro dieci giorni invece di sette, fu celebrata di nuovo la domenica nelle chiese riaperte con l’aiuto delle donne.
Ma il Tempo delle donne finì e il Tempo della Chiesa riportò in auge ufficialmente le campane, che trovarono, nelle parole di Chateaubriand, il loro più appassionato cantore. Parole che leggiamo nel Génie du Christianisme (1802) e che meglio non avrebbero potuto annunciare il Romanticismo ottocentesco.
Potremo utilizzare per noi queste parole come augurio, affinché questa Pasqua davvero speciale permetta anche a noi tutti di ritrovare l’inizio di una nuova consapevolezza al suono delle campane:
“…E poiché entriamo nel tempio, converrà parlare primamente della campana che vi ci chiama. Innanzi tutto ci pare che fosse una cosa veramente mirabile aver trovato modo di far nascere a un solo colpo di martello in uno stesso momento un medesimo sentimento in mille cuori diversi, ed aver costretto i venti e le nubi a pigliare sopra di sé i pensieri degli uomini. Mirabile religione, che al solo tocco di un magico bronzo può convertire in tormenti i piaceri, sgomentar l’ateo, e far cadere il pugnale dalle mani dell’assassino!”. (François-René de Chateaubriand, Genio del cristianesimo… parte IV, l. I, cap. I, 1828 (1. ed. 1802), pp. 3 ss.).
Ci auguriamo che quest’anno il suono delle campane possa arrivare fino all’Ucraina e alla Russia e portare con sé un desiderio di pace.
Gea Palumbo