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Rubrica di Emanuela Medi
 

Sante Lancerio bottigliere alla corte di Paolo III Farnese. Il primo sommelier della storia

Possiamo definirlo il primo sommelier della storia, il primo a degustare il vino con criteri moderni. Costui accompagnava il Papa Paolo III Farnese nei suoi viaggi e durante gli incontri pubblici, selezionando di volta in volta i vini migliori, controllava e valutava, i molti vini che il Papa riceveva in dono. Tra i vini preferiti dal Papa e da Sante Lancerio c’erano la Malvagia di Candia, il Greco di San Gimignano, il Greco d’Ischia, il Nobile di Montepulciano.

Famosa intorno alla metà del 1500, una lettera al suo “padrone et benefattore” Guido Ascanio Sforza in cui sono elencati i migliori vini assaggiati e giudicati da Papa Paolo III Farnese, durante il suo pontificato dal 1534 al 1559.

Nel 1876 il professore Giuseppe Ferraro pubblica per la prima volta il manoscritto di Sante Lancerio con il titolo I vini d’Italia giudicati da Papa Paolo III (Farnese) e dal suo bottigliere Sante Lancerio.

Sono 53 i vini inseriti in questa guida antelitteram e l’aspetto più interessante è la modernità della degustazione, per’altro la stessa dei sommelier di oggi, e cioè l’approccio complesso e articolato.  Sante Lancerio analizza e riporta le informazioni circa il colore e l’aspetto visivo dei vini, indica il territorio e la vigna di provenienza , descrive minuziosamente il gusto del vino utilizzando una serie di aggettivi che sono entrati a far parte del bagaglio semantico del moderno Sommelier.  Per il colore, ad esempio, utilizza termini come “incerato, carico, verdeggiante, dorato”; per definire il gusto impiega parole come “tondo, grasso, asciutto, fumoso, possente, forte, maturo”.

Un altro aspetto decisamente interessante riguarda i riferimenti all’ordine di servizio dei vini   da tavola indicando la loro progressione , dai più leggeri ai più forti e suggerendo i relativi abbinamenti: i bianchi per i pasti serviti in apertura del pranzo, i vini rossi per gli arrosti e i vini più forti  per accompagnare i dolci e la pasticceria. Come nel Medioevo, anche durante il Rinascimento, era usanza chiudere i pasti con un vino aromatizzato con spezie e miele chiamato Ippocrasso. Non di meno l’interesse di Lancerio è legato alla conservazione dei vini e alla loro diversa “resistenza” agli spostamenti e ai lunghi viaggi. Non solo vini come status symbol. Sante Lancerio distingue, infatti, il vino per i “signori” da quello per i “famigli“, ponendoli ai due estremi.
I famigli, in origine i servi o i domestici, in epoca medioevale erano tutti coloro che venivano accolti per lavorare alla corte di un feudo. Descrive il Moscatello come vino per osti e “imbriaconi”, il “Greco della Torre” che diventa presto scuro, buono per la servitù ma non per gli alti prelati, il “Rosso di Terracina” ottimo per notai e copisti, il “Mangiaguerra di Napoli” pericoloso per il clero, ma ideale per “incitare la lussuria delle cortigiane”.

Dal coppiere del papa alle cantine romane per meglio capire lo stretto rapporto tra il vino e nobili, imperatori, Papi e popolino. E’ di questi giorni la scoperta di una cantina vinicola romana nella Villa dei Quintili il più grande complesso residenziale sull’Appia Antica.

Una cantina con tanto di zona  per  la pigiatura dell’uva, due presse, un tino per far decantare il mosto ed un sistema di canali –  allo scopo di convogliare i prodotti nella cella dove erano custodite le giare. 
Nella Villa dei Quintili era stato creato un effetto fontana  al cui interno sgorgava il mosto appena spremuto La Villa dei Consoli Quintili, una proprietà  di 24 ettari lungo la via Appia Antica, dopo il loro omicidio per aver ordito una congiura, avvenuto nel II secolo d.C. passò in mano all’Imperatore Commodo e ai suoi successori.

Non è ancora chiaro se la costruzione della cantina sia avvenuta in quel periodo o in una fase successiva. Ciò che è certo, è che la cantina sia stata costruita per l’Imperatore stesso che amava molto l’oro di Bacco.  Ma altrettanto interessante e forse più nota agli stranieri che ai romani dentro il recinto di Villa Borghese,  la presenza di  un grande edificio antico dalla architettura, aperta e classicheggiante. Si tratta della cosiddetta Loggia dei Vini, una delle tante  novità volute dal Cardinal Borghese nel parco antistante la sua nuova villa suburbana.
Realizzata tra il 1609 e il 1618 sotto la direzione di Flaminio Ponzio, la  Loggia dei vini è una raffinata costruzione a pianta ovale utilizzata per riunioni e feste conviviali durante il periodo estivo. e collegata da un percorso sotterraneo al Casino nobile  allo scopo di mantenere freschi i vini. Visibile  ancora oggi una lunga tavola in pietra con tanto di incavi per collocarvi le coppe. All’interno della volta vi sono affreschi, ancora visibili tra festoni di stucco, che raffigurano il convito degli dei, opera di Archita Ricci.

La  famiglia Borghese era famosa  per i fastosi banchetti  tenuti in Villa Borghese dal Seicento all’Ottocento. Dal celebre  convito in occasione dell’Ambasceria del Giappone del 1619 presso la corte di papa Paolo V,  al banchetto in onore dell’elettrice di Sassonia, allestito nel 1772 presso la Loggia dei Vini  fino a quello  offerto dai Borghese nel 1802  in onore del generale Gioacchino Murat, marito di Carolina Bonaparte, in viaggio verso Napoli.

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