Secondo l’ultimo report dell’Oiv, sono 63 i Paesi a coltivazione biologica con una superficie certificata stimata in 454mila ettari, pari al 6,2% del vigneto totale. In 10 anni (2005-2019) l’incremento è stato del 13% con una bella posizione del nostro paese in testa(15%), seguita dalla Francia e dall’Austria (entrambi col 14%), poi la Spagna (12%) mentre nella top 10 il Messico (8%) è l’unico Paese extra europeo.
Se si considerano, invece, le superfici biologiche totali, la Spagna guida con 121mila ettari, poi la Francia con 112 e l’Italia con 109mila ettari. Stati Uniti, Turchia e Cina viaggiano tra 16 e 14mila ettari. Nel mondo i Paesi con le maggiori percentuali di crescita nel periodo 2014-2019 troviamo l’Egitto (+36%), seguito dal Sud Africa (+30%), Svizzera (+15%), Francia (+11%), Turchia (+10%), Ungheria, Austria e Italia (tutte col +9%), Portogallo e Spagna (entrambe con +8%).. In Italia, la crescita media annua dal 2005 è stata del 9%. Oggi i suoi 109mila ettari valgono il 24% del totale, con un’incidenza del 15% sul vigneto nazionale. Sicilia, Puglia, Toscana sono le tre regioni più bio (27%, 15% e 14% rispettivi).
I prodotti Made in Italy sono destinati per lo più all’export, con percentuali attorno all’85%.Ma quando e come nasce il biologico.È stato l’Oregon, nel 1974, il primo Stato a riconoscere per legge l’agricoltura biologica, seguito dalla California (1979) e dalla Francia (1983). In Europa, il bio è stato riconosciuto nel 1981, e 10 anni dopo con l’emanazione dei primi regolamenti . Nel 1980, l’Ifoam (Federazione internazionale dell’agricoltura biologica) mise a punto i primi standard di produzione ma è solo nel 2012 che l’Oiv adottò una risoluzione sui principi generali della vitivinicoltura biologica. Attualmente sono 93 i paesi con leggi specifiche sul bio e 16 quelli che le stanno ancora elaborando. In mancanza di accordi bilaterali, i vini bio destinati all’export devono rispettare gli standard del mercato di destinazione