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Rubrica di Emanuela Medi
 

Vin Santo un nome per celebrare i giorni “ santi”

Nella Toscana delle dolci colline e dei borghi fatati i Vinsanti sono tanti e tutti validi. Tra questi se ne annoverano alcuni celebri e preziosi come il Vin Santo di Montepulciano, ed altri piccoli e ricercati come quelli della Rufina, dei Colli Aretini e di Carmignano .

Ad ogni modo, quello che rappresenta la tradizione più consolidata è senza dubbio il Vin Santo del Chianti Classico ,il più antico vino naturale del belpaese. D’altro canto, è innegabile che il fascino di questo prodotto caloroso, a tratti casalingo, risieda proprio in quelle imperfezioni che spesso lo caratterizzano e che lo rendono quasi imprevedibile nei suoi sviluppi. Altrettanto certo è che il suo processo di produzione non sia stato influenzato dell’enologia moderna, tant’è che ancora oggi lo si ottiene alla maniera degli “avi“, ovvero lasciando le uve appassire naturalmente su penzoli, fermentando il mosto spontaneamente e imbottigliando a conclusione del lungo invecchiamento senza ricorrere né a chiarifiche, né ad aggiunte di solfiti.

Questo approccio non interventista è perfettamente in linea con l’identità tradizional-popolare di questo nettare casereccio, non di rado vinificato in maniera amatoriale con uve acquistate, e del quale molte famiglie Chiantigiane tengono in cantina un caratello o una damigiana da cui spillare piccoli dosi in base alle necessità. Usanza diffusa è consumarlo nelle festività, motivo per il quale in molti sostengono che il nome derivi dai giorni “santi”.  Altra ipotesi assai curiosa è quella che vede nelle sue presunte proprietà curative l’origine dell’appellativo “santo”, mentre più concreta, ma non meno fascinosa, è quella secondo la quale sarebbero stati i Veneziani ad importare il metodo produttivo dall’isola greca di Xantos.

Quanto difficile sia proporre al mercato un prodotto così spontaneo e nel contempo così celebrale lo può dire a gran voce il presidente Giovanni Manetti, che in quel di Panzano in Chianti ne produce una singolarissima interpretazione da uve bianche e rosse in porzioni uguali. il Vin Santo- dice Manetti lo si produce più per devozione che per economia”. Del resto, un vino che resta fermo per anni e che nel tempo perde buona parte della sua massa – si dice che una parte se la prendano gli “angeli” – non può che essere anti-economico.  

DEGUSTAZIONE  

Castello di Monterinaldi – Occhio di Pernice 2012.

Parte da un “Occhio di Pernice”, vale a dire da un Vin Santo prodotto principalmente da uve rosse, il percorso attraverso questi otto calici sospesi tra ambra, topazio e buccia di cipolla. Quest’ultima tonalità è la più appropriata per descrivere la veste del primo vino. La discreta spinta alcolica solleva aromi di ciliegia sotto spirito, biscotto al cacao, sciroppo d’acero e menta. Simili sensazioni riecheggiano in bocca, dove la densa dolcezza è corrisposta da una buona vena acida. La classica nota di mandorla, frutto del decadimento di molecole aromatiche chiamate “acetaldeidi”, corona il disteso finale. In una parola: classico. 89/100.

 

Badia a Coltibuono – 2010

Una smagliante veste oro antico e profumi particolarmente nitidi di albicocca, macaron alla vaniglia, caramella balsamica e boiserie definiscono il profilo di questo Vin Santo di stampo moderno, ottenuto da un assemblaggio di Trebbiano e Malvasia in porzioni uguali. Pimpante freschezza e saldo supporto salino bilanciano un sorso pulito, preciso, dolce al punto giusto e cadenzato da golosi ritorni di miele, caramella d’orzo e cannella. In una parola: raffinato. 91/100

Fontodi – 2008.

Sospeso tra ambra e rosso tenue – quasi a ricordare il Giallo Vangoghiano – il singolarissimo Vinsanto di Casa Manetti fonde la vena ossidativa comune ai prodotti più tradizionali con intriganti sensazioni di rose appassite, boero, menta dolce, torrefazione ed erbe aromatiche che richiamano i grandi Porto. Le ottime premesse sono confermate da un sorso elegante, misuratamente dolce, rinfrancato da corroborante spinta sapida e solleticato da un guizzo tannico. Echi dolci e balsamici si rincorrono in un finale ampio ed estremamente raffinato. In una parola: ammaliante. 95/100

Isole e Olena – 2008.

Classiche sfumature ambrate e profumi didattici di rovere vecchio, miele di castagno, panforte senese e canditi. Al gusto procede con simile aplomb, meno dolce dei precedenti e segnato da un nitido ricordo di miele di corbezzolo. Sfuma lento tra rintocchi salini e pizzichi di spezie dolci. In una parola: inaspettato. 92/100

Rocca di Montegrossi – 2008.

Archetipico nella veste ambrata, il Vinsanto dell”altro Ricasoli” oscilla tra il classico miele ed intriganti sensazioni scure, quasi tabaccose. Il gusto risulta altrettanto denso, profondo e carnoso, seppur lievemente in difetto di acidità e sapidità. Chiude caldo e di nuovo terroso. In una parola: opulento. 89/100

Castello di Monsanto – La Chimera 2007

Cantuccio alle mandorle, roll alla cannella, albicocca sciroppata e miele d’acacia compongono un olfatto di sorprendente solarità, riecheggiando coerenti in una bocca davvero gustosa. L’equilibrata dolcezza, il pronunciato refolo alcolico e la piacevole vena tostata di fondo regalano una sensazione retro-olfattiva simile a quella di un buon Cognac. In una parola: rilassato. 91/100

Felsina – 2007.

Il profilo ramato indica nuovamente la presenza del Sangiovese, che al naso è confermata da toni soavi di rose macerate e ciliegie sotto spirito. Un bella spinta minerale ed un vivace tocco speziato sostengono un sorso di estrema piacevolezza, per poi sfumare in un finale dai netti ricordi di kirsch e nocino. In una parola: tenace. 93/100

Castello della Cacchiano – 2004

Il decano della batteria appare disteso, maturo, confortante nei ricordi di marron glacé, polvere di cacao, terriccio bagnato e tabacco orientale. Di certo rotondo, ma non privo di tempra, abbraccia il palato con le sue incipienti morbidezze, scemando lento tra ritorni mielosi e ammandorlati. Maturo ma non stanco, accompagna egregiamente la meditazione, portando in dote l’equilibrio conferito dal tempo e la generosità tipica di questo caloroso nettare. In una parola: appagante. 91/100

Raffaele Mosca, Master Sommelier

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Emanuela Medi giornalista professionista, ha svolto la sua attività professionale in RAI presso le testate radiofoniche GR3 e GR1. Vice-Caporedattore della redazione tematica del GR1 “Le Scienze”- Direttore Livio Zanetti- ha curato la rubrica ”La Medicina”. Ha avuto numerosi incarichi come il coordinamento della prima Campagna Europea per la lotta ai tumori, affidatole dalla Commissione della Comunità Europea. Per il suo impegno nella divulgazione scientifica ha ottenuto numerosi riconoscimenti: Premio ASMI, Premio Ippocrate UNAMSI, premio prevenzione degli handicap della Presidenza della Repubblica. Nel 2014 ha scritto ”Vivere frizzante” edito Diabasis. Un saggio sul rapporto vino e salute. Nello steso anno ha creato il sito ”VINOSANO” con particolare attenzione agli aspetti scientifici e salutistici del vino. Nel 2016 ha conseguito il diploma di Sommelier presso la Fondazione Italiana Sommelier di Roma.. Attualmente segue il corso di Bibenda Executive Wine Master (BEM) della durata di due anni.