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Rubrica di Emanuela Medi
 

Irpinia in Anteprima: Il Greco di Tufo, funambolico polimorfo

Funambolico, polimorfico, cerebrale e aristocratico. Il Greco di Tufo non ha l’avvenenza, l’estro da rockstar del fratello Fiano, ma riesce ad interpretare l’annata , il “genius loci” e la personalità del produttore in maniera ancor più precisa e coerente. Funambolico lo è per via dei suoi equilibri precari: lo si vendemmia in anticipo e si ottiene un vino aspro; lo si lascia in vigna qualche mattinata in più e – ammettendo che gli acini non vengano danneggiati da qualche scroscio improvviso – si rischia di dar vita un vino seduto, pesante, sovrabbondante. Cerebrale e aristocratico perché, per apprezzarlo fino in fondo, bisogna conoscerlo, sapere com’è stata l’annata e quali sono le caratteristiche del vigneto da cui proviene. Altrimenti si rischia di non comprenderlo, soprattutto se è figlio d’annate bizzarre come le ultime due.


I millesimi

Difficile trovare annate più diverse e contrastanti di quelle di quest’ultimo biennio. Gli unici denominatori comuni del ‘18 e ‘19 sono stati l’andamento altalenante e la piovosità quasi monsonica nel periodo primaverile. Per il resto, le stagioni hanno offerto condizioni diametralmente opposte, ma chi ha saputo far fronte alle avversità – troppa pioggia, umidità, vigoria produttiva nella ‘18, sbalzi climatici, qualche grandinata e maturazione disomogenea nella ‘19 – è riuscito a produrre vini ottimi in entrambe i casi.

Le 2019 portano il segno delle temperature estive sopra la media e del sole settembrino nei profili aromatici ricchi, espansivi, cremosi.” La 2019 ha dato vita, in media, a bianchi con eccellenti livelli di concentrazione e maturazione delle componenti aromatiche” ha rimarcato il presidente del consorzio Stefano di Marzo . Bisogna dire, ad essere onesti, che in qualche caso si trovano profumi stramaturi che ricordano i Greco della 2017, annata rinomatamente torrida, ma il nerbo acido è sempre saldo, perché se è vero che sole e calore mattutino sono state due costanti, è anche vero che di notte le temperature sono sempre scese considerevolmente. Di conseguenza, i Greco 2019 non hanno bisogno di tempo per regalare soddisfazioni: sono tutti “aperti” e fruibili da subito, ma nei migliori casi possiedono anche il grip necessario per durare almeno un decennio.

Tutt’altra storia quella raccontata dalle selezioni della 2018. Di Riserva non si può ancora parlare ufficialmente, ma l’iter è in stato avanzato e, se tutto andrà bene, la tipologia sarà introdotta già dal prossimo anno (non si sa se con validità retroattiva). In ogni caso, i Greco 2018 continuano ad essere più dinamici che potenti, più minerali che fruttati. L’annata è stata una delle più fresche, nevose e piovose del decennio e molti vini offrono profili “Mitteleuropei”. Qualcuno li ha trovati ostici, bizzosi. A noi, invece, piacciono molto i loro sviluppi sferzanti in stile Chablis.

I MIGLIORI ASSAGGI

Cantina dei Monaci – 2019. Timido ma affascinante. Esprime sensazioni di zeste di limone, erbe aromatiche, pepe bianco e un cenno di idrocarburo. Corroborante, decisamente “rieslinghiana” è la progressione snella che combina sapidità, acidità citrina , ritorni fruttati e floreali che la rimpolpano. Non è un campione di concentrazione, ma la facilità di beva è disarmante. 89+

Di Meo – G 2019. Aromi solari di pesca gialla, frutta secca ed erbe aromatiche delineano il profilo espansivo di questo Greco prodotto con uve da vigneti a Montefusco e Santa Paolina nella tenuta appartenuta ai Principi Caracciolo. Il sorso è coerentemente ricco, polposo, già ben assestato; l’alcol si sente, ma non disturba. Ottimo sprint acido-sapido calibra il finale saporito. 90

Orneta – 2019. Profumi espansivi di albicocca, mela golden, erba limoncella e un refolo salmastro a comporre un profilo che esprime il calore dell’annata senza mai risultare sopra le righe. Il sorso è pieno, grasso di ananas e pesca gialla all’ingresso e più vibrante nella chiosa quasi salata. I tratti del millesimo ci sono, ma il nerbo non manca. 90

Antonio Caggiano – Devon 2019. Un grande classico che quest’anno appare più elegante, meno esotico del solito. Disserra profumi freschi di ginestra e lemongrass, pera matura, mela golden e aria salmastra che trascendono i canoni dell’annata calda. In bocca abbina una buona polpa fruttata a rimandi d’erbe aromatiche, d’agrume e di sale che rinvigoriscono il finale dinamico, equilibrato. Ben venga questo cambio di stile inaspettato. 90+

Donnachiara – Aletheia 2017. Anche l’annata 2017, che ha avuto una parabola evolutiva piuttosto rapida, ha regalato qualche Greco degno di nota. Per esempio, questo di Donnachiara è una vera e propria rivelazione (non a caso Aletheia in Greco significa “svelamento” o “verità”). Propina profumi di buccia di limone candito, susina matura, lavanda e un’idea insolita di latte di mandorle. In bocca esordisce con un inaspettato guizzo citrino e prosegue con rimandi salini che smorzano i toni morbidi, cremosi. Ci si potrebbe sbizzarrire ad abbinarlo anche con qualche piatto ostico, magari leggermente piccante… 91

Nardone Nardone 2018.Pera matura, albicocca, nocciola tostata, qualche traccia affumicata e un’idea di burro salato. Lo stesso connubio di grassezza e tensione è riproposto al palato, dove lo slancio minerale smorza i rimandi fruttati, lievemente mielati e allunga il finale equilibrato. È un raro caso di vino della 2018 che può piacere anche a chi non ama le acidità taglienti. 92

Tenuta Cavalier Pepe – Grancare 2017. Di stile decisamente transalpino – nonostante l’annata africana – questa selezione da vigne ad alta quota firmata da Milena Pepe, vignaiola-imprenditrice che ha studiato e lavorato in Francia e Belgio prima di tornare in Irpinia. Aromi rinfrescanti di erba falciata, fiori gialli, zafferano e pietra focaia ne profilano l’olfatto cristallino e il gusto dinamico, incalzante, tutto sommato abbastanza leggero, ma molto persistente e d’indubbia eleganza. 93

Torricino – Greco di Tufo Raone 2018. Sontuoso, profondo, merita di essere servito un po’ più caldo del consueto (magari sui 14 gradi). Offre varie sfumature di mela – dalla renetta alla golden – un cenno di nocciola tostata, qualche idea speziata di pepe bianco e curcuma e uno sbuffo fumè che richiama le sorgenti sulfuree presenti nel territorio di Tufo. La sapiditá è travolgente, l’aciditá sferzante, ma la polpa fruttata non manca e il finale affumicato e piccante di erbe disidratate é assolutamente impeccabile. Favoloso già adesso, ma tra qualche anno sarà anche meglio. 93+

RAFFAELE MOSCA,

MASTER SOMMELIER

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