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Rubrica di Emanuela Medi
 

La Tavola matematica di Re Ferdinando. Siti reali e scherzi regali alle porte di Napoli

In questa rubrica abbiamo iniziato a descrivere preferenze alimentari e abitudini di tavola dei re di Napoli nel passaggio, alquanto tumultuoso, tra primo Periodo Borbonico, Rivoluzione Napoletana, Regno Murattiano e Restaurazione. Periodo cui si fanno generalmente risalire alcune delle più interessanti evoluzioni del costume alimentare, sia dei regnanti, sia dello stesso popolo napoletano, insieme, talvolta, a quella sorta di “scienza ludica” tipica di certe corti che aveva toccato le sue punte massime già nel primo Cinquecento, nelle invenzioni di Leonardo da Vinci a Milano.

A Napoli, invece, sappiamo ad esempio di un’invenzione che, collegandosi “al tempo della tavola”, sembra rivelare aspetti non trai più comuni e conosciuti dei regnanti di Napoli.

I sovrani, come si sa, avevano molti luoghi  reali e uno di quelli più usati in estate, sia per la vicinanza a Napoli, sia per la sua bellezza, era la reggia di Portici, costruita ancor prima di quella destinata a divenire più celebre, di Caserta, da Carlo di Borbone.

Si racconta che sia stata scelta questa zona per la costruzione del sito reale, perché Carlo di Borbone e la moglie Maria Amalia di Sassonia, sorpresi da una tempesta nel mare di Portici, e ospitati da Emanuele Maurizio, figlio di Carlo di Lorena Duca d’Elboeuf, erano rimasti molto ammirati dalla villa del duca, costruita nel 1711. La Villa, infatti,era impreziosita dai reperti archeologici dell’antica e ancora del tutto sconosciuta Ercolano ritrovati dal duca negli scavi di costruzione. Ed è dunque per questa ragione, sia detto en passant, che si vuole che il duca d’Elboeuf  sia stato, per così dire, “l’iniziatore” degli scavi archeologici di Ercolano e Pompei. La Villa d’Elboeuf, oggi purtroppo in degrado,costituisce infatti la prima delle 122 Ville dell’aristocrazia napoletana che saranno poi dette del Miglio d’oro.

La splendida reggia di Portici, oggi sede universitaria della Scuola di Agraria, fu dunque costruita in breve tempo, nel 1738, poco dopo l’arrivo di Carlo a Napoli ed ha avuto poi una straordinaria importanza, non solo per lo sviluppo urbanistico di quella zona costiera vesuviana,che vide sorgere una dopo l’altra tante bellissime ville, ma soprattutto per il ritrovamento di numerosi reperti archeologici di Ercolano e Pompei, che proprio l’avanzare degli scavi per le tante nuove costruzioni incoraggiò. Reperti sistemati dapprima nella stessa reggia, e poi nell’Herculanense Museum, aperto nel 1758. Visitato dai viaggiatori del Grand Tour, e dallo stesso Goethe, che lo definì “…l’alfa e l’omega di tutte le raccolte di antichità”. Le raccolte, in pare disperse durante le vicissitudini politiche che interessarono Napoli tra Settecento e primo Ottocento, andranno poi a costituire il primo nucleo dell’attuale Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

Ma soffermiamoci un poco sulle abitudini “A Tavola” che ritroviamo in questa reggia, che aveva (e in parte ha tuttora) un grande parco, anzi due “boschi”, uno dal lato del Vesuvio ed uno dal lato del mare;il primo forniva la cacciagione, il secondo, oltre a numerosi vivai nella zona prossima al mare, aveva ricche coltivazioni di frutta e verdura ed era pieno di piante di melograni, ragion per cui era detto“Granatello”, nome che sarebbe poi passato al porto fatto ivi costruire per poter accedere più comodamente al sito anche dal mare (Porto del Granatello).

All’interno di questo splendido parco si trovava un padiglione a due piani, fatto di due sole stanze. Nella stanza superiore, come ci racconta la bambinaia inglese dei figli di Gioacchino Murat e di Carolina Bonaparte che abbiamo già ricordato in un articolo precedente (C. Davies, Elevenyears’ residence in the family of Murat, King of Naples, London 1841, pp. 18 ss.), si trovava untavolo tutto particolare dove re e regina pranzavano spesso con i più intimi amici. Il tavolo, tondo, era fatto per dodici persone ed aveva una specialità: grazie a quella che potremmo dire la prima forma della scienza oggi detta“domotica”, permetteva alla coppia regale di fare ameno della servitù, senza per questo venir meno all’etichetta, ed era perciò detta “La Tavola meccanica” o anche “La Tavola matematica”. Infatti sulla tavola, grazie ad un meccanismo segreto voluto da Ferdinando IV, toccando una molla, ogni piatto poteva ad un certo momento essere fatto scendere attraverso un’apertura del legno, mentre al suo posto poteva comparire la successiva portata. Gioacchino Murat, quando divenne re e sostituì in molte stanze della reggia gli antichi mobili dei Borbone, non toccò quel tavolo che lo divertiva molto. E una volta, secondo il racconto della Davies, fece addirittura giungere nei piatti, al posto delle vivande, alcuni nani. I nani, tra le risate degli ospiti, offrirono fiori a Gioacchino e a sua moglie.

Gea Palumbo, docente di Storia e iconografia Università di Roma Tre

 

 

 

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