E’ vero quello che scrivono grandi archeologi come Thomas Schafer e Frerich Schon sulla storia antica di Pantelleria. Meta e incrocio nevralgico per secoli fra Cartagine e Roma e questo si è ripercosso sulla cultura umana, sugli scambi commerciali, sulla gastronomia e usi e costumi.
Un esempio lampante di questo legame viene proprio dalla cucina e dai diversi frutti coltivati e utilizzati, come l’uva da tavola e l’uva da vino. Dalle uve Zibibbo antiche di 3000 anni, un tempo uva da tavola e appassita per dolci ed esportata, poi diventata indispensabile per creare uno dei vini passiti naturali più antichi e più pregiati al mondo, oggi la stessa uva produce un vino bianco tranquillo Doc Pantelleria estremamente interessante, non alcolico, anche beverino e fresco, sufficientemente acido, persistente, non mieloso dalla struttura minerale unica.
Un menù pantesco, senza se e senza ma, è quello che inizia con il Brik tunisino o brik pantesco, ovvero una involucro di pasta stirata sottile e croccante sul modello arabo ripiena di pesce e ortaggi mescolati e tritati; lo stesso dicasi del pesto pantesco ovvero molto smile a quello trapanese ma con le varianti “agrumicole” dell’isola.
Poi la insalata panesca con le famose patate novelle locali, pomodori marzani, cipolle rosse, olive, capperi, origano mentolato, basilico, sale e olio evo. A seguire una specie di piatto unico antico, tipico del mondo arabo-catalano-mediterraneo, un couscous con la variante del brodo di tanti pesci di colore diversi con aggiunta di peperoni, zucchine, melanzane e la firma territoriale del peperoncino piccante piccolo rosso.
Dimenticavo: il cappero IGP Pantelleria è ovunque, finisce anche in tutte le salse, sia come cucunci fresco o croccante, che come pesto o patè spalmato sul pane arabo o il pane di semi di sesamo, papavero, lino. Infine i dolci: il gnocco di pasta di semola scura ripieno di ricotta pura, i noti mustazzoli ripieni di un mix di mandorle, sesamo, mandarino candito, miele, cannella, finocchietto selvatico, vaniglia e il bacio pantesco composto da due cialde fritte croccanti unite con una crema morbidissima di ricotta e cioccolato nero. In ogni caso carne e formaggi sull’isola sono introvabili, ceertamente non prodotti se n on per uso diretto e famigliare.
Tutto questo è anche emerso a latere di un interessante incontro in piazzetta Unesco a Pantelleria Centro organizzato da Pantelleria Enoica (associazione di imprese agroalimentari pantesche) econdotto dalla giornalista Giovanna Ferlucci Cornado. Tema del talk il futuro dell’agroalimentare dell’isola di Pantelleria da anni lasciato ai margini di una strategia e progettualità politica.
Presenti al tavolo il sindaco di Pantelleria Vincenzo Campo, Antonio Motici docente universitario a Palermo, Giampietro Comolli, piacentino, docente e consulente dei distretti produttivi turistici, Antonio Parrinello per tre ammi direttore del Parco Nazionale di Pantelleria e dirigente Regione Sicilia.
”Negli ultimi 30 anni- dice- è stato forte l’esodo, ma alcuni piccoli segnali recenti fanno ben sperare, ma la redditualità e la garanzia della continuità del lavoro sono fattori determinanti”.
Interessanti i commenti e le annotazioni registrate proprio dal moderatore della serata. Giovanna Ferlucci che ha evidenziato e chiesto ai presenti commenti sulle cause che hanno portato alla riduzione negli anni della superficie. agricola “Pantelleria non è solo Zibibbo ma è agricoltura-agricultura in senso più esteso. L’attività agricola diventa valore ambientale grazie alla biodiversità, all’attivazione di un ampio ecosistema, al giusto rapporto con tutto l’ambiente di terra e di mare e può garantire una produzione diversificata. Lo Zibibbo vino passito solo naturale dolce con un sistema produttivo unico-rigido-ferreo deve restare l’emblema incorruttibile e inscindibile. Purtroppo alcuni compromessi al ribasso hanno contribuito a causare abbandoni, rinunce, ancor più individualismo, menefreghismo…che si respira sull’isola.”
Parrinello e Comolli hanno sostenuto che con 5000 residenti non nativi panteschi, anche se a tempo periodico oltre agli 8000 residenti fissi panteschi, la produzione locale può a malapena soddisfare i bisogni dell’isola stessa stante l’importante presenza dei 150/200 mila turisti l’anno-
Anzi certi prodotti dovrebbero essere esposti in primo piano in tutti i menù, carte dei vini, vetrine dei negozi: anche se molti prodotti arrivano dalla Sicilia.
La “promozione” a 360 gradi manca, non c’è: bisogna che pubblico e privato investano su attività di valorizzazione locale e in città esterne. Pantelleria enoica ha questa funzione.
La regione Sicilia e la provincia regionale autonoma di Trapani non possono dimenticare Pantelleria, dai voli aerei ai traghetti, dai bandi di sostegno ai contributi sulla garanzia e tutela di una vita futura per l’isola prima espressione di una italianità.
E’ emerso che alcuni giovani agricoltori stanno sperimentando colture alternative (allevamenti non ci sono causa il clima e il terreno) come grani antichi per la farina, la birra, la canapa, l’olio Evo bio, sesamo, cicerchie, timo, maggiorana, salvia, origano.
Che “potrebbe essere una futura De.Co.,“ ha detto Comolli, ma occorre un urgente sostegno programmato e garantito“.