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Rubrica di Emanuela Medi
 

Eros e cantina: dal libro “Eros e Vino” di Jean Luc Henning

La cantina è la camera da letto giù dal basso. Silenziosa, profonda, oscura. Esposta a Nord. Né troppo bianca, né troppo umida. Senza odori di mela e legna verde.

La cantina è un luogo di culto pieno di misteri. Il vino deve restare imperativamente chiuso da un tappo di sughero, per evitare che questo si secchi, perda di elasticità e si restringa. Se il tappo si restringe, l‘aria vi passa e il vino si ossida. Le dilatazioni e le contrazioni offuscano irrimediabilmente il vino. Le bottiglie giacciono distese come su un’ottomana, sistemate una di testa una di fondo. Fanno pensare alle bellezze dormienti di Kawataba la cui nuca sembra così facile da spezzare o anche alla fanciulla sorpresa a dormire con un seno alla’aria.

Madelaine Bonjour in “L’imaginair du vin” aveva fatto l’inventario delle etichette di alcuni grandi granai per tipo di vini: tutta la storia di Roma era rappresentata, da Marziale che parla di un “dell’annata di Opimio” a Orazio che in un’ode celebra “un’anfora della guerra Marsica” a un vino che proveniva da Setia ( l’attuale Sezze nel Lazio).

La cantina è come un momento di pausa che la storia si prende, è come la somma di piccoli frammenti di vino che si condensano e che si materializzano in anfore contenenti anche vini dolci e zuccherati.

“Ma è certo che chi scende sempre in cantina, dice il filosofo Gaston Bachelard (1884-1962) non si è mai sicuri di risalire dalla stessa. E’ li che il vino si concentra, matura, come se nascesse dal mondo di sotto. Lontano dalle guerre, dalle passioni, dalle vicissitudini del tempo – dice ancora Bachelard – il vino elabora il segreto, perché non si sa cosa è, come diventerà, se bisogna aspettare ancora o se è già pronto ad aprirsi”.

Si ha sempre paura di risvegliare la bella addormentata, con la testa un po’ abbandonata all’indietro come in un quadro di Giorgione.

Da “Eros e Vino” di Jean Luc Henning

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