L’estate sta volando e a metà settembre dovrebbero riaprire le scuole. Il condizionale è d’obbligo perché, come tutti, la scuola è stata colta di sorpresa dalla prima ondata della pandemia che ha sconvolto l’anno scolastico 2019-20. È giunta impreparata, come tanti, alla seconda ondata che ha travolto l’anno scolastico successivo, trascorso quasi totalmente in didattica a distanza. Un terzo anno in queste condizioni sarebbe imbarazzante.
Fa bene quindi il Ministro Bianchi ad assicurare che la data del 12 settembre sarà rispettata. Speriamo che riesca a mantenere l’impegno senza ridare slancio alla pandemia come avvenne l’autunno scorso. Circola un dato statistico secondo il quale l’85% personale della scuola avrebbe completato il ciclo vaccinale. Performance migliore di quella del personale sanitario. Clamoroso, se fosse vero. E anche qui il periodo ipotetico è opportuno.
Messa a dura prova dal Covid, la scuola italiana non ne è uscita bene. Siamo il paese europeo che più a lungo ha fatto ricorso alla didattica a distanza e quello nel quale questa innovazione ha dato gli esiti peggiori. I risultati delle prove “Invalsi” che misurano i livelli di apprendimento, sono inquietanti. Gli studenti insufficienti in matematica al Sud raggiungono il 60% alle Medie e il 70% alle Superiori. Il 60% di carenze in italiano registrate alla Maturità è anche peggio, perché la lingua madre dovrebbe essere stata pienamente appresa già alle Elementari, tutt’al più alle Medie. Sembra tardi impararla alle superiori. I grafici dimostrano che i dati 2021 sono i peggiori di sempre, ma non è che quelli relativi agli anni pre-Covid fossero particolarmente incoraggianti.
Lo sottolinea con onestà il prof. Giannelli, Presidente dell’associazione dei dirigenti scolastici: “Se ci concentriamo solo sulla DaD, sbagliamo. I risultati erano disastrosi anche due anni fa”. Questa la premessa di un intervento che evidenzia programmi da migliorare e docenti da formare. A lume di naso verrebbe da aggiungere la persistenza le aule-pollaio, fenomeno incomprensibile in un paese da decenni in costante calo di natalità.
Ad accrescere le mie preoccupazioni, un’intervista radiofonica con un’insegnante e mamma di una bambina delle elementari. L’insegnamento, afferma la mamma, deve essere in presenza. La DaD non garantisce adeguato apprendimento e, poi, la scuola serve anche ad assistere i bambini mentre i genitori vanno al lavoro. Come darle torto?
Basta con le classi pollaio! – tuona l’insegnate costretta a vivere con i suoi studenti in spazi angusti, incompatibili con il Covid E anche qui, siamo tutti portati a darle regione.
Infine, conclude , vaccinare i bambini è inutile, forse pericoloso. Vaccinare gli insegnati non sarebbe sufficiente ad evitare il formarsi di focolai in classe e poi non li si può obbligare, lo dice la Costituzione. E il cerchio è chiuso .Far funzionare la scuola sarebbe indispensabile. Nei fatti è impossibile.
Giovanni Monchiero.
*Già direttore generale dell’Asl 18 e dell’azienda ospedaliera “San Giovanni Battista” di Torino, è stato commissario dell’Asl CN1 e CN2 e presidente nazionale della Federazione Italiana delle Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso). È stato Membro Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati.
Ci preoccupa l’affermazione dell’insegnante riportata dell’articolo di Giovanni Monchiero,” inutile vaccinare i bambini” Preoccupati i pediatri che dicono: A settembre si rischia un’ esplosione, troppi genitori diffidenti «La diffidenza mostrata da moltissimi genitori nei confronti del vaccino ci espone ad un altissimo rischio di trovarci a settembre nel pieno di una nuova ondata. Il sistema di hub e centri vaccinali con il quale la Regione Campania ha scelto di procedere non è adatto a questa nuova fase della pandemia, è necessario che i pediatri di famiglia possano vaccinare i propri assistiti, infondendo fiducia nella pratica vaccinale ai moltissimi genitori che scelgono di attendere». . A parlare sono il vice presidente nazionale Antonio D’Avino e la segretaria regionale Giannamaria Vallefuoco, consapevoli dei rischi che i giovanissimi corrono a causa del «diffondersi ormai incontrollato» della cosiddetta variante Delta.
A preoccupare i pediatri sono i dati nazionali dei contagi, ma soprattutto le notizie che arrivano dagli studi medici sparsi sul territorio regionale. «Sempre più spesso ci troviamo a visitare bambini che hanno contratto il virus – aggiungono D’Avino e Vallefuoco – e che non sempre hanno forme asintomatiche. Ma l’esperienza maturata in questo anno e mezzo ci dice che sarebbe molto meglio utilizzare l’unica arma ad oggi valida contro il virus: la vaccinazione». Oltretutto, nei piccoli pazienti, al momento in un limitato numero di casi, si è sviluppata quella che si definisce sindrome infiammatoria multisistemica (MIS-C), con febbre e sintomi addominali, congiuntivite o eruzione cutanea.
Ma si registrano anche possibili complicazioni di carattere polmonare o cardiologico che potrebbero insorgere anche a distanza di tempo e in piccoli pazienti che hanno sviluppato l’infezione da Covid-19 in modo del tutto asintomatico. «A fronte di questi rischi molto concreti, troppi genitori scelgono di non vaccinare i propri figli per paura di fantomatici effetti collaterali dei vaccini», dicono i pediatri.