“Come lo vorremmo questo Monferrato? Io farei nulla per cambiarlo. Diversamente, occorre ripartire dalla sua grande storia”. Così ha iniziato l’enologo Donato Lanati una sua riflessione al Lions Club Valcerrina, ma è stata l’occasione per domandarsi un Monferrato maggiormente dinamico, mediatico ed economicamente/turisticamente più vivace o il Monferrato del silenzio, del paesaggio, della sua cultura.
“Ho avuto la fortuna dice Donato Lanati-di vivere nel Monferrato fin da piccolo scoprendo, che anche in collina potevo raccogliere fossili e conchiglie, quelle milionarie custodite nella Pietra da Cantoni che avrebbe conferito notorietà e prestigio a queste terre, grazie al riconoscimento Unesco.
Fu proprio a Cuccaro che, per la prima volta, venni folgorato da un grappolo d’uva tanto da intraprendere gli studi in enologia. A Colle Manora, poi, feci le mie prime esperienze, ma il salto più grande avvenne alla Tenuta La Tenaglia di Serralunga di Crea, dove incontrai Delfina Quattroccolo, una donna capace e lungimirante alla quale, ancora oggi, debbo riconoscenza.
Con lei, il mio primo Chardonnay divenuto, nel 1986, terzo vino a livello internazionale. Solo più tardi, girando il mondo, compresi o, meglio, mi fu chiara la fortissima valenza di questo territorio”. “Il Monferrato è una terra che trasmette un palpabile senso di libertà sorprendendoti, ogni volta, con i suoi magici scenari che, di collina in collina, si rivelano e mutano in continuazione; una terra in cui si assorbe un silenzio penetrante e che, grazie al Morbelli, al Moncalvo e al Bistolfi, tra gli altri, trasuda di cultura. Un puntino piccolissimo sul mappamondo illuminato dall’Unesco che respira di bellezza sua propria.
Una terra il cui fascino è intrinseco al suo essere così com’è e, per questo, farei nulla per cambiarla”.
Una visione certamente legittima e condivisibile ma, magari, una via di mezzo c’è:
“Potremmo ricorrere all’intelligenza artificiale che, attraverso gli algoritmi, ci direbbe cosa si aspettano i turisti da una destinazione” ha proseguito Lanati, “ma credo che se, veramente, il Monferrato volesse riscattare notorietà, allora, dovrebbe ripartire dai suoi elementi di forza, quali sono: “storia, cultura e paesaggio, abbandonando volti tristi per lasciar spazio ai sorrisi, dimenticando i problemi per aprirsi alla positività”.
Ma chi potrà fare la differenza?
“Sono gli uomini che cambiano il mondo. Dovremmo saperlo bene qui nel Monferrato che, per quanto riguarda la viticoltura e l’enologia, abbiamo avuto uomini illuminati quali Marescalchi, Ottavi, Martinotti e Zavattaro. Uomini che hanno studiato e girato il mondo per comprendere dove volgesse il futuro”.
Poi, i vini come mezzo di comunicazione.
“Oggi ci vogliono vini autoctoni, giovani, facili da bere e capaci di esprimere un territorio, che è l’unica cosa che nessuno ci può copiare/rubare. Poi, serve saper comunicare attraverso un linguaggio fresco, smart e veloce. Penso ad un video che sappia trasferire la forza delle emozioni di questa terra, l’energia del pensiero e il retro pensiero di chi la vive e la respira, la bellezza del suo paesaggio e la magia della sua atmosfera. Un video di pochi minuti che generi quell’irrefrenabile voglia di venirlo a visitare questo Monferrato, per un giorno, una vacanza o per viverci per sempre, trovando una realtà ancora migliora di quella immaginata. Penso, anche, ad un Inno che celebri la sua grandezza in giro per il mondo come, solo, il linguaggio universale dalla musica e delle immagini sanno fare“.
Chiara Cane, ufficio stampa Enosis Meraviglia