Ancora una volta a dire la sua è un articolo riportato su Lancet: meno benefici ma più rischi per salute nel bere alcolici tra i 15 e i 39 anni.
(non più di 10 gr di alcol puro). Oltre i 40 anni, 1-2 bicchieri di vino rosso al giorno possono invece apportare benefici sul fronte cardiovascolare.
Oltre i 65 anni anche tre drink al giorno. Il messaggio non è poi cosi negativo e vedremo poi perché ma l’interessante è che si tratta della prima indagine a riportare il rischio del consumo di alcol per regione geografica, età, sesso e anno nel 2020.
I dati si riferiscono al 2020 Global Burden of Disease. da cui è stato possibile stabilire la soglia di sicurezza a tutela della salute. Sicurezza sempre messa in discussione. Ma in questo caso le cose stanno diversamente
VEDIAMO:
La quantità massima giornaliera raccomandata tra i 15 e i 39 anni è stata individuata in poco più di un decimo di drink standard pari a 10 gr di alcol puro, ovvero 100 ml di vino rosso al 13% di alcol in volume a una bottiglia di birra da 375 ml al 3,5% di alcol in volume, o 30 ml di superalcolici con il 40% di alcol in volume. Per le donne, un po’ di più, fino ad arrivare un quarto di drink standard.
Oltre i 40 anni in buona salute il consumo moderato apporta benefici, come la riduzione del rischio di cardiopatia ischemica, ictus e diabete.
40 e 64 anni nel 2020, i livelli di consumo giornaliero sicuro di alcol possono essere tra la metà di un drink standard a quasi due.
Per le persone con più di 65 anni, la soglia è risultata ancora più alta: tre drink al giorno.
L’indagine ha preso in considerazione l’area geografica
Nord Africa e Medio Oriente: tra le persone di età compresa tra 55 e 59 anni il 30,7% dei pericoli legati all’alcol era dovuto a malattie cardiovascolari, il 12,6% a tumori e meno dell’1% a tubercolosi.
Al contrario, in questa stessa fascia di età nell’Africa subsahariana centrale, il 20% dei rischi era dovuto a malattie cardiovascolari, il 9,8% a tumori e il 10,1% a tubercolosi. Nel complesso, l’assunzione giornaliera di alcol raccomandata per gli adulti è risultata bassa, compresa tra 0 e 1,87 drink.
L’analisi ha preso in considerazione il consumo di alcol in eccesso nel 2020:
1,03 miliardi di uomini e 0,312 miliardi di donne, con il 59,1% in età compresa tra 15 e 39 anni. Australia, Asia, Europa occidentale e Europa centrale le aree più a rischio per i ragazzi.
Gli autori dicono
“Sebbene i rischi associati al consumo di alcol siano simili per uomini e donne, i giovani maschi si distinguono come la fascia di popolazione a consumo più elevato e pericoloso. . Il nostro messaggio è semplice: i giovani non dovrebbero bere e i più anziani possono trarre beneficio dal bere piccole quantità. Consapevoli, però, che è irrealistico che i giovani adulti si astengano dal bere, riteniamo sia importante diffondere questi dati perché i consumatori possano prendere decisioni informate sulla propria salute”. Non solo, l’analisi riferisce la scarsa comunicazione e informazione adeguata, le modalità di consumo e sempre più spesso lo stato auto-riferito cioè il fai da te.
Interessante l’opinione di Andrea Poli, presidente della Nutrition foundation of Italy (Nfi) sul consumo moderato intervistato dal giornalista Andrea Miglino della testata nutrientiesupplementi.it: in disaccordo con le indicazioni nazionali“.
L’articolo pubblicato su The Lancet potrebbe aver di fatto ufficialmente riaperto, in sede scientifica, il dibattito relativo ai possibili effetti positivi di un consumo moderato di alcol. L’articolo, che giunge a conclusioni sostanzialmente differenti da quelle riportate dallo stesso gruppo nel 2016 sul medesimo argomento, ha infatti riconfermato, sulla base di una lettura complessiva delle evidenze disponibili a livello mondiale, che è la cosiddetta curva a J, ultimamente molto criticata, specie a livello istituzionale, a fornire la migliore rappresentazione grafica del rapporto tra livelli di consumo di alcol e salute, in particolare a partire dai 40 anni di età. Gli effetti di salute dell’alcol stesso dipendono quindi dai livelli di consumo, e non sono necessariamente sfavorevoli, anche a livelli bassi o molto bassi. Gli Autori dell’articolo, per caratterizzare compiutamente la curva a J, ne hanno definito due punti chiave: il livello di consumo cui corrisponde il minimo rischio teorico di salute, Theoretical minimum risk exposure level, o Tmrel e il livello di consumo cui si associa un rischio di salute globale pari a quello degli astemi, Non-drinker equivalence, o Nde.
Uno dei messaggi essenziali del lavoro è poi che il Tmrel e l’Nde variano nelle varie aree geografiche, e si modificano al crescere dell’età delle persone considerate.
Ne consegue che un settantenne di sesso maschile può consumare nel nostro paese 2 o 3 drink al giorno di una bevanda alcolica senza andare incontro ad alcun effetto sfavorevole di salute rispetto a un astemio: in significativo disaccordo con le indicazioni delle linee guida nazionali, che a questa età suggeriscono di non eccedere il consumo di un solo drink al giorno.
Fino a 40 anni non si osserva invece alcun significativo vantaggio di salute associato al consumo moderato di alcool. In conclusione, si ripropone il concetto che gli effetti di salute dell’alcol dipendono dai livelli di consumo, e che possono essere complessivamente favorevoli o almeno trascurabili, nella seconda metà della vita, specie se i consumi stessi sono molto contenuti, e si riferiscono a popolazioni con un elevato rischio cardiovascolare, come l’Europa occidentale.
Gli stessi dati suggeriscono quindi che politiche volte all’azzeramento dei consumi di alcool, specie in aree geografiche ed in classi di età specifiche, potranno avere effetti imprevedibili
Emanuela Medi, giornalista scientifica
Andrea Poli intervistato da Nicola Miglino della testata: nutrientiesupplementi.it
FONTE: 2020 Global Burden of Disease