Ancora una volta la sugar tax, che puntualmente rientra come ipotesi della manovra di bilancio, salvo poi essere smentita, riapre il dibattito sul consumo di zuccheri come causa di sovrappeso e obesità soprattutto nella popolazione infantile.
Tutti d’accordo nel sostenere che questa misura sarà tanto più efficace quanto non verrà usata come strumento per fare cassa ma per attuare quella educazione alimentare di cui si parla da decenni. Ma l’assunzione di zuccheri è veramente il problema principale dei bambini italiani? Partiamo da un dato: non esistono al momento studi scientifici definitivi (dice EFSA)che consentano di indicare il limite di zucchero oltre il quale non è opportuno andare per non sovraccaricare il nostro organismo. La stessa Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS) pur indicando il dato del 10% delle calorie che non deve essere superato giornalmente da un individuo(su 2000 calorie il 10% equivale a circa 50 gr di zuccheri)fa presente che le evidenze su cui la scelta del valore limite del 10% è stata basata sono di qualità modesta o scarsa, e correlano il consumo di zuccheri alle carie dentali (e non al sovrappeso o all’obesità). C’è poi un altro dato interessante: i bambini italiani – è vero – sono in sovrappeso rispetto i coetanei europei ma sono anche in proporzione i più sedentari, e non certamente i maggiori consumatori di zucchero; il che suggerisce che la mancanza di attività fisica conti forse più dell’apporto di zucchero come causa dell’obesità infantile.
Ma la sugar tax, poi funziona?Dipende dal risultato a cui si guarda: in Francia, Norvegia, Messico, Cile si è assistito a un calo dei consumi di soft drink; in Gran Bretagna, dove è progressiva e correlata alla quantità di zuccheri aggiunti, la tassa ha spinto le aziende produttrici a ridurre il tenore zuccherino nelle bibite; quella che manca invece del tutto, per ora, è la dimostrazione che questi interventi di natura fiscale favoriscano il calo del peso nella popolazione: anche in Messico, dove la tassa è ormai operativa da circa 5 anni, non è successo nulla del genere. Vediamo cosa succede in Italia: ma se i nostri bambini invece di stare le ore davanti al computer o ai videogiochi si facessero una bella camminata?
Emanuela Medi, giornalista