Sull’annata 2015 del Brunello di Montalcino si è detto tutto e il contrario di tutto. Ci sono critici che, già dopo la prima sessione di assaggio nello scorso autunno, hanno cominciato a inondare la rete di proclami trionfanti, dispensando punteggi da capogiro a destra e manca, e ce ne sono altri che, invece, hanno espresso da subito una certa perplessità riguardo all’effettiva “grandiosità” di questo millesimo torrido, evidenziando che in certi casi ha dato vini “over the top” (ovvero sopra le righe).
Purtroppo motivazioni lavorative prima, e il dilagare del coronavirus dopo, non ci hanno permesso di recarci in loco per approfondire la questione. E allora, per farci un’idea perlomeno vaga di quali siano le caratteristiche dell’annata, abbiamo deciso di stappare per Pasqua due etichette stilisticamente opposte di due aziende simbolo della denominazione.
Il primo è il Brunello di Montalcino 2015 di Col d’Orcia,
Azienda fondata dalla famiglia Franceschini alla fine dell’ 800’ e acquistata dai conti Marone Cinzano, pioneri del Vermouth e dell’Asti Spumante, nel 1973. Al netto delle circa 200.000 bottiglie prodotte annualmente, questa etichetta rappresenta il volto “pop” della denominazione e funge spesso da barometro per “pesare” l’annata. Da qualche tempo tutte le uve impiegate vengono da vigneti coltivati in regime biologico. L’affinamento ha luogo in botti grandi di rovere d’Allier e di Slavonia per tre anni e per altri due in bottiglia. Riguardo al millesimo, lo staff aziendale afferma che ” l’’inverno è stato scarsamente piovoso, con temperature basse nel mese di gennaio/febbraio. Precipitazioni primaverili nella media stagionale hanno permesso di creare riserve idriche per superare i caldi mesi di luglio/agosto. Il mese di settembre è stato mite, con buone escursioni termiche tra giorno e notte”.
Il risultato è un vino che esprime l’anima “caliente” del Sangiovese di Montalcino, lasciando emergere profumi di fiori essiccati, confettura di ribes, macchia mediterranea, ruggine e pellame. In bocca offre più acidità e grip tannico che frutto, più toni terziari, terrestri e affumicati, che rimandi gioviali d’erbe e di fiori. Se ne apprezzano gli spigoli, la giovanile irruenza, il connubio di aromi diretti, estroversi, chiaramente riconducibili all’annata calda, e freschezza che garantisce la tenuta nel medio e medio-lungo termine.
Tutt’altro è lo stile del Brunello di Montalcino Etichetta Bianca 2015
Di Giacomo Neri, istrionico innovatore di cui avevamo già narrato l’impresa due anni fa (qui il link: https://www.vinosano.com/casanova-di-neri-il-brunello-moderno-secondo-giacomo/). Le vigne dalle quali è prodotto sono sempre coltivate con metodi biologici, ma la vendemmia è posticipata per ottenere più ricchezza fenolica, le macerazioni sono più lunghe, e, per l’affinamento, è impiegato un mix di botti grandi e tonneau di rovere francese. Di conseguenza, il vino è cupo nel colore e gli aromi sono a un tempo più scuri e più freschi. Si riconoscono toni di anice stellato, mallo di noce, visciola, terra bagnata e polvere di caffè. Al palato si riscontra maggiore morbidezza di frutto, ma l’acidità è sempre affilata, i tannini sono un poco più vellutati, e il finale oscilla tra sferzate agrumate e “coccole” di fiori blu e cassis.
Due assaggi non possono in alcun modo sintetizzare l’andamento complessivo di un millesimo per un territorio variegato come quello di Montalcino, ma l’impressione che ne esce fuori è che l’annata, per quanto “carica” e calorosa, non rasenta gli eccessi del 2011 e non ha nemmeno il fiato corto come la ‘97, che all’esordio è stata applaudita da tutti e in seguito si è rivelata poco longeva. Forse i critici che l’hanno valutata nella stagione autunnale si sono fatti prendere dalla foga, ma confidiamo nel fatto che si tratti comunque di un millesimo superiore alla media, e che, per quanto godibili da subito, questi vini siano anche propensi all’invecchiamento.
Raffaele Mosca Master Sommelier