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Rubrica di Emanuela Medi
 

Spumante e bollicine tra storia, enologia e fisica

Lasciamo la storia e l’enologia e una volta tanto parliamo di fisica.

Sicuramente alla base della formazione delle bollicine c’è una legge che stabilisce l’obbligo di un costante equilibrio tra le molecole di gas-anidride carbonica, presenti nel vino nella porzione di aria sotto il tappo della bottiglia e quelle disciolte nel liquido. Il risultato è che quando apriamo la bottiglia l’equilibrio si rompe, il gas, nel tentativo di ripristinare questo equilibrio, prende la via di fuga verso l’alto…ed ecco, le bollicine! L’enologia ha fatto certamente molto altro, ma il principio rimane ed è doveroso ricordarlo!

Dove nasce? Da una scoperta casuale di qualche contadino, dai Greci, dai Romani e ancor prima- secondo testimonianze che si rincorrono, addirittura dai tempi di Omero. La storia è piena di vini con qualche effervescenza. Sulla tecnica di preparazione dei vini a fermentazione naturale in bottiglia, ancora prima, molto prima di Dom Perignon, noi Italiani possiamo dire la nostra.

A dire la sua è un testo stampato a Brescia nel 1570 scritto dal medico bresciano Giacomo Conforti dal titolo “Libellus de vino mordaci”, utile tra l’altro per comprendere i vini nella zona di Franciacorta. Costui già allora descriveva la diffusione e il largo consumo di vini della zona, “le cui bollicine mordaci erano cioè briosi e spumeggianti, dal sapore piccante che non seccavano il palato, come i vini acerbi e austeri, e che non rendevano la lingua molle come i vini dolci”. Conforti, che conosceva bene l’enologia francese, aveva compreso che l’origine della spuma più spinta nei mesi invernali, era nella fermentazione, meglio nella ebollizione del mosto che andava controllata ieri, come oggi, “per non disperdere la scoria gassosa, leggera e pungente”.

A dire la sua è stato un altro grande appassionato del vino, tale Ubaldo Rosi che ha dato il nome al pluri-premiato metodo classico da uve Verdicchio, prodotto dalla Azienda Vinicola di Cupramontana. Ma chi era questo Ubaldo Rosi nato a Gubbio nel 1799? Amministratore dei Beni della Casa Ducale di Leuchtemberg prima a Fano, poi a Osimo e a Jesi (sede arcivescovile), si dedicò per molti anni alla vinificazione. Dalle lettere di quei tempi si legge che ottenne risultati molto prestigiosi, specialmente per gli spumanti e per altri invecchiati a uso oltremontano. Non fu dimenticato, anzi il suo lavoro da grande professionista fu ricordato all’expo di Parigi.

A dire la sua è stato Mario Soldati che in suo omaggio, la storica Azienda “La Scolca” ha dato il nome Riserva d’Antan da uve Cortese, nel cui potenziale credette il grande giornalista, autore televisivo, scrittore. E’ stato di tutto e ha fatto di tutto, Mario Soldati, indiscutibilmente il primo che ha parlato, scritto di cultura, cultura alimentare, tradizioni, arte, territorio da preservare e tramandare. Attenzione per i luoghi, la gente, il cibo, l’umanità che ha incontrato nel suo instancabile girovagare per le tante Italie , molte a “rischio di estinzione”. Un grande indimenticabile comunicatore di un’altra enogastronomia.

Emanuela Medi, giornalista

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