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Rubrica di Emanuela Medi
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Il nome Malvasia , da cui molti vitigni che hanno spesso in comune soltanto il nome, deriva da una città greca del Peloponneso, Monenbasia, Monemvasia o Monovasia, o "porto ad una sola entrata", città che per assonanza con il nome greco fu ribattezzata dai Veneziani "Malvasia". Da qui l’attribuzione del nome ad un vino , prodotto di gran pregio commercializzato da Venezia che usarono questo appellativo per indicare prima vini dolci ed alcolici provenienti dalla parte orientale del Mar Mediterraneo, poi anche i locali in Venezia nei quali se ne svolgeva il commercio). La Malvasia nel tardo Medioevo divenne uno dei vini più famosi e rinomati prodotti principalmente a Creta ed a Rodi. Per quanto riguarda le caratteristiche del vitigno questi possono essere distinti tra quelli con un leggero aroma che ricorda quello del Moscato e quelli a sapore semplice. Ve ne sono a frutto bianco e a frutto nero. Fra le Malvasie a frutto bianco più estesamente coltivate ricordiamo la Malvasia di Candia aromatica, utilizzata per la produzione dell'omonimo vino Malvasia dei Colli Piacentini; la Malvasia bianca lunga, nota anche come Malvasia del Chianti o Malvasia Toscana, cosiddetta perché la sua uva bianca entra per circa 1/10 nella composizione del

La solidità storica dell’antico legame fra la Serenissima Repubblica di Venezia e quel vino denominato “malvagia o marvasiae” diventato un grande vitigno diffuso in tutta Europa oggi coltivato in 30 località sparse nel mondo  di cui 17 in Italia, c’è in tutta la sua evidenza e tale da costituire una proposta per  fare Venezia capitale mondiale della cultura e della storia in particolare  di questo vitigno. Si parte da un incontro  tecnico a Vicenza presso la Biblioteca Internazionale La Vigna fra l’associazione AIKAL di Venezia e Veneto Agricoltura. Il presidente del comitato scientifico della Biblioteca Internazionale Danilo Gasparini e Giustino Mezzalira vicepresidente della Biblioteca, hanno aperto l’incontro dedicato a valutare la proposta del  gruppo di lavoro, composto anche da Ettore Bonalberti e da Mario Guadalupi di AIKAL e da Michele Giannini e Stefano Soligo di ConeglianoVeneto Agricoltura,  di organizzare per l’autunno un seminario di carattere internazionale sulla Malvasia, sottolineando il valore agri-culturale dell’iniziativa, visto che  la storia-cultura della Marvasiae-Malvasia è molto particolare,  avendo segnato per oltre 500 anni la vita e l’economia della Repubblica di Venezia. Senza la Serenissima oggi il vitigno e il vino Malvasia non esisterebbero. Venezia, è stato detto dai presenti all’unanimità,  può assumere il titolo di simbolo-emblema per raccontare il mondo

Il protocollo è stato messo a punto da Francesco Fenech: giusto farlo raccontare dall’autore perché esperienza, passione , innovazione, tradizione hanno creato questo grandissimo vino. Un passito dal colore ambrato brillante, di ottima struttura, pieno, dal gusto dolce , aromatico con un bouquet che non si dimentica: fichi secchi, albicocca matura, zagara, gelsomino.

Piccoli perché la produzione non supera le 10.000 bottiglie, particolari perché si percepisce subito che sono “diversi” e non perché sono naturali o biodinamici ma perché in ogni bottiglia vi è l’impronta personale, unica del produttore che non ha voluto un gusto facile, per tutti i palati ma  ha creato freschezza, sapidità, erbe aromatiche, fruttato esotico, pasticceria insomma un mix inusuale da  rimanere  lungamente impresso.

“Vini d’Italia” edizione 2018 del Gambero Rosso, approda alla sua 31^ edizione: 436 etichette si sono aggiudicate quest’anno i prestigiosi Tre Bicchieri. Oltre 22000 sono le etichette incluse nella guida, con oltre 2485 aziende. La guida è tradotta in inglese, tedesco, cinese e giapponese, e Gambero Rosso è fautore della promozione dell’export italiano nei principali paesi in cui è in crescita, organizzando più di 50 eventi nelle maggiori 30 capitali del mondo. Passiamo ai Tre Bicchieri: il Piemonte è primo per numero di Tre Bicchieri ottenuti (77) per altrettante etichette. Segue la Toscana con 76, il Veneto con 41, l’Alto Adige con 27, Friuli con 26, Lombardia e Campania 23 Tutti gli altri su: http://www.gamberorosso.it/ Segnaliamo alcuni premi assegnati: Migliore Vino Rosso dell’anno: Valtellina Sup. Sassella Rocce Rosse Ris. ’07 (di Ar. Pe. Pe.) Migliore Vino Bianco dell’anno: Fiano d’Avellino Pietramara ’16 (di I Favati) Il Dolce dell’anno: il Malvasia delle Lipari Passito ’16 (di Carvaglio)   Che dire, si tratta di 1008 pagine tutte da sfogliare per orientarsi nel vasto mondo vitivinicolo Italiano. Claudio Chiricolo

Territorio di eccellenza per la produzione vitivinicola del Sangiovese, la Toscana ha avuto un ruolo importante nella produzione agricola dell’Italia. Se dobbiamo riferirci a Plinio il Vecchio, la vite era coltivata ancora prima dei Greci e degli Etruschi. Con la caduta dell’impero Romano questo prezioso bene della natura, viene coltivato dagli ordini monastici - come quello di Vallombrosa - i quali oltre a farne uso “sacrale” ne facevano oggetto di commercio. Bevevano vino i nobili Antinori, mercanti di vino fin dal 1385, ma anche i Ricasoli, gli Albizzi-Frescobaldi e molte altre famiglie altolocate, che lo vendevano non solo nei "tabernacoli", piccoli locali a livello della strada dei loro palazzi, ma anche quello da “asporto”, senza intermediari, nelle classiche fiaschette rivestite di paglia, antesignane della famosa “fiasca” del Chianti. Beveva vino il popolo sebbene fosse miscelato con acqua. Facciamo un salto generoso di secoli per arrivare al 1716 quando il Duca Cosimo III nel 1716, precorrendo le DOC, stabilisce con precisione i confini delle quattro zone vinicole più importanti della Toscana: Chianti, Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra. Per la prima volta i vitigni vengono studiati e classificati su base scientifica dalla Accademia dei Georgofili e solo nel 1874 viene definito da Bettino