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Rubrica di Emanuela Medi
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A un solo mese dalla fine della stagione del Tartufo Bianco, la città di Alba si risveglia da un breve letargo per ospitare Grandi Langhe, prima anteprima vinicola del nuovo decennio. Nella cornice del Palazzo Mostre e Congressi, a due passi dalla Piazza nella quale un tempo i vignaioli incontravano i mercanti a fine vendemmia, i produttori langaroli e roerini presentano i loro vini a un’immensa platea di operatori autoctoni, alloctoni e (soprattutto) internazionali. Protagoniste del gran banco d’assaggio le ‘16 di Barolo, le di ‘17 Barbaresco, Dogliani e Barbera d’ Alba Superiore, la ‘18 di Dolcetto d’Alba, Langhe Nebbiolo e Barbera d’ Alba e le Riserve ‘15 e ‘13 di Barbaresco e Barolo: tutte annate controverse, bizzarre, attribuibili al cambiamento climatico, che, però, nei migliori casi, hanno donato vini godibili fin da ora ma destinati ad invecchiare perlomeno discretamente. Un appunto politico/economico prima di entrare nello specifico dei millesimi. Sappiamo tutti che questi sono mesi d’attesa e d’angoscia per le aziende vinicole nostrane. Si è già parlato in abbondanza di quanto drammatico potrebbe essere per il comparto il contraccolpo della scure inferita da Trump coi suoi dazi. Quel che vien da chiedersi a fronte di questa situazione è se i produttori

Viticoltori dal 1856 la famiglia Germano non poteva essere collocata per destino ma anche per intelligenti acquisizioni, che a Serralunga d’Alba, nel cuore delle Langhe; la dove i vini danno il meglio di sè in struttura, eleganza, lunghezza, sentori e tannicità. Tutti diversi, dalla spiccata personalità ma soprattutto espressione delle differenti sfaccettature e composizione del suolo di cui ne sono espressione 10 ettari tutti vitati a Dolcetto, Nebbiolo e Barbera d’Alba con un saldo di Chardonnay e Pinot Nero. Tre vigne mozzafiato: Cerretta, Lazzaritto e Prapò collocate a circa 350 ml, esposte a Sud-Sud-Ovest su suolo calcareo (la più alta concentrazione delle Langhe), inondate dal sole per l’intero arco della giornata. Ordinate, pulite, mi vengono incontro i filari le cui uve sanissime sono state vendemmiate in anticipo per via dell’eccezionale caldo dell’estate 2017. Mi hanno incantato i colori e le forme di queste colline non per altro patrimonio UNESCO, mi ha deliziato il palato il cibo locale senza tartufo (troppo caro e ancora non maturo), mi ha avvolto la bocca lasciandola pulita - come dicono i sommelier - tutto quello che ho bevuto (ma quando la farò mai la dieta?). Insomma fino ad ora il viaggio studio più affascinante del II