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Rubrica di Emanuela Medi
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Cultura

La leggendaria origine di questo antico vitigno è narrata da Silio Italico (I secolo A. D.), nel suo Punica (libro VII, vv. 235 ss.), il celebre poema ritrovato da Poggio Bracciolini nel 1417, il cui massimo eroe è Scipione l’Africano, il vincitore di Annibale, la cui fama è stata viva per secoli. Anche Raffaello si vuole che lo abbia ritratto, nel suo primo dipinto, conosciuto come Il sogno del cavaliere.

Certo non stanno fermi un momento i grandi  cuochi della cucina italiana. Sarà ancora una volta lo chef numero 1 al mondo ad accendere i fornelli di Al Mèni. Sabato mattina il colorato tendone in piazzale Fellini accoglierà Massimo Bottura per dare il via al Circo 8/5 dei sapori. Due tradizioni, la magia del circo e  lo spettacolo del gusto   protagonisti  di un evento che per tanti aspetti ricorda il mondo di  Fellini.

Sul suolo italico centro-settentrionale, tra i primi a coltivare il vino furono gli Etruschi mentre al Sud i colonizzatori Greci della Magna Graecia  diffondevano l’uso della vitis vinifera lungo il bacino del Mare Nostrum. I Romani raffinarono le tecniche di produzioni: introdussero l’uso delle botti e diramarono le coltivazioni enologiche soprattutto dopo le vittorie nel periodo repubblicano su Sanniti e Punici.

Che la conoscenza dell’olivo nei paesi mediterranei sia molto antica, non c’è alcun dubbio: nell’era “postdiluviana”, ancor prima cioè che, come racconta la Sacra scrittura Noè, sceso dall’arca e approdato in Armenia, scoprisse il vino, una colomba, ritornando nell’arca, portò nel becco un ramo di olivo mostrando che il diluvio era finito, le terre non erano più sommerse e l’albero di olivo verdeggiava fuori dalle acque.

Se a Re Artù è inequivocabilmente legato il ricordo della Tavola Rotonda, Tavola che tuttavia, con o senza il leggendario Graal, non era, per il Re e i suoi famosi cavalieri, una semplice tavola da pranzo, al ben più moderno Cardinale Mazzarino (1602-1661) è invece legata “l’invenzione” della tavola rotonda o ovale, che doveva specificamente servire proprio per il pranzo.

Ho trovato interessante l’articolo di Ciro Di Fiore, apparso di recente su questo sito, a proposito delle abitudini alimentari di Tex Willer. Tex è appassionato di un menu fisso, composto di «bistecca alta tre dita, patatine fritte e torta di mele): un’alimentazione sovrabbondante aveva un evidente ruolo compensatorio per chi usciva dalle privazioni del conflitto mondiale.( Tex appare per la prima volta nel 1948).

Quella che noi oggi chiamiamo “Settimana santa”, vale a dire il periodo che va dalla Domenica delle Palme alla Domenica di Pasqua, e che costituisce il tempo lungo dell’antica Pasqua, nasce soprattutto dal bisogno di rivivere, rappresentandoli come su una scena condivisa da tutto il popolo dei credenti, gli eventi che si succedettero dall’acclamazione che accolse Gesù al suo arrivo a Gerusalemme, alla sua resurrezione.